Archivio mensile:settembre 2012

Toccare il vetro

Sistema tenda o della provvisorietà: disporsi in fila e attendere destino migliore. Prima o poi capita a tutti, abbandonare una zona, situarsi in una di mezzo: in attesa di una nuova, eventuale, altra, zona, migliore. Per rincuorarsi, i più deboli possono ripetersi: «sempre meglio del sottosuolo», «l’aria muore altrove» e «nessuna architrave resiste per sempre». Certo bisogna anche sopportare una sequenza di giorni senza differenze, una prolungata frazione di tempo prima di alterazioni significative. Continua a leggere

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La strategia dell’albero

Il cortile era troppa luce, albero, solitudine, tre muri e io che scavavo in un triangolo di terra. Sì, sotto l’albero. No, non volevo abbatterlo. Mi interessava tirare fuori il tesoro, ovvio. Chi mi aveva detto del tesoro? Un libro. Chi mi diceva che il libro contenesse la verità? Il fiume, che potevo sentire scorrere alla fine del cortile. Avevo un pensiero in testa e lo stavo traducendo in una azione concreta: 12 anni e un tesoro da cercare. 12 anni e nessuna sensazione di ridicolo, come invece mi sarebbe successo per il resto delle imprese strambe nelle quali mi sarei lanciato. A guardarli da qui, i giorni di allora sembrano il trasporto verticale verso la curiosità, un ascensore che lento scende verso le radici dell’albero. Continua a leggere

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il meraviglioso uso del filo di lana

Morso da un topo ad Assuan, giocava tra le macerie a Monaco, scambiò un uomo della compagnia elettrica per Dio. Voleva andare in Congo ma non ci arrivò e fu una delle poche volte che non fece quello che voleva. A scuola non ci pensava, immaginava, invece, l’Albania come posto chiuso e magico. Ha disceso fiumi, volato in molti cieli, e la sua culla ci mancò poco che rimanesse sotto un bombardamento. Continua a leggere

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The Perfect Man

La scritta delle vernici Babel: tutta rossa e piena, tonda e luccicante, si stende sulla lamiera del furgone bianco, che Vincent Batuman guida, orgoglioso. Passa lento lungo le larghe strade della città, per farsi guardare, una mano sullo sterzo, e una fuori dal finestrino, penzolante, con i muscoli bene in vista, ai semafori lo sguardo cade sul suo braccio, che è un solo ponte di fiducia tra la scritta delle vernici Babel e la sicurezza che quella carne, quel sangue, sapranno distribuire sui muri delle case che abiteranno gli occhi attratti dalla perfezione da pala d’altare: furgone, Vincent, braccia – braccia, Vincent, furgone. Continua a leggere

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