Quando Diego Godin fa il Grande Sertão nell’area italiana e segna, in campo c’è una tale confusione che un sambodromo in confronto è una sala d’aspetto. I telecronisti sono fermi al morso di Luis Suarez, Chiellini sta facendo Sofialorén con la spalla al vento, nei tifosi italiani si prospetta la ripetizione della partita con la Costa Rica, film d’azione, una sola, la loro. Uruguay Uno, Itala Zero. Poi sarà un elenco da elenco telefonico di Jakarta: calore, umidità, arbitro, soldi, contratti, Balotelli, scontro generazionale, etc, non in quest’ordine. A Montevideo: Godin ricorda Varela, Obdulio, e persino noi che abbiamo amato lui e la restituzione illustrata di Osvaldo Soriano, per la prima volta ci facciamo un pensiero come fosse una Margherita Buy diretta Ozpetek al Maracanà. L’Italia di Prandelli (Io la conoscevo bene) è apparsa ai più come i film del regista italo-turco, rallentati e mielosi, ridondanti e fighetti, insomma, tutto, meno che una squadra di calcio o un film, anzi un film. E pensare che a tratti poteva essere Pietrangeli, persino Montaldo, scarna, precisa, geometrica, lineare. No. E per quelli che mi chiedevano chi è Parolo? La risposta è morettiana: la giraffa non la so, come fa la rondine non lo so. So come fa Marchisio: rosso, rosso Argento, Dario. Prandelli ha perso quando ha smesso di essere se stesso, l’hanno detta? Ecco, però io la dico con la voce di Gassman, o forse ci vorrebbe Manfredi amaro da panecioccolata, invece ci tocca Caressa che in stile campiopallonaro: recrimina, alimenta, rivendica, dibatte, promette, condanna, assolve, au contraire. Lo dico per la mozione ’82: Bearzot è morto, anche Sergio Leone, e ci ha appena lasciati Eli Wallach. Sceneggiature e situazioni sono buone una volta sola, poi tocca riscrivere e costruire. Non tirare in porta per due partite è davvero Apocalypse Now, perdersi su un fiume e lamentarsi di un acquario, cercare Gerusalemme con Barzagli-Bonuci, davvero triste. Cina lontana, ripeto Cina lontana. «Cassano sì, Cassano no», ora è un problema dell’Inps. Ringraziamo Pirlo per aver fatto surf la prima partita, contro l’Inghilterra, qualcosa tra pointbreak e una notte (una sola) da Leoni a Manaus. Ringraziamo Buffon ma soprattutto Zoff – ora che ha lasciato il silenzio di porta innocenza per il rapEminem-datribuna – per non aver voluto che Sirigu continuasse a giocare, tra un portiere senza cavallo e uno col cavallo, sempre il secondo. Negli ippodromi dove Zoff non è mai stato queste cose: sono bibbia. Non è bibbia, manco vecchio testamento, la difesajuve, no-Paletta, né serve berci su, proprio stando sopra Thiago Motta: perché con lui siamo in un film di Rohmer: come vedere asciugare la pittura. Chi manca? Balotelli, servirebbe Antonioni che lo mettesse a giocare solo e senza pallone e ci chiude il film. Per il dopo Prandelli ci vorrebbe Herzog, Werner o Milutinović, Bora Bora, perché abbiamo bisogno di qualcuno abituato a una situazione tragica ed estrema, invece, sceglieranno un fighetto uscito dalle feste da grande bellezza, manciniallegriservillo. Sarebbe meglio il neorealismo di Guidolin, come unica certezza, difesa alta, una velocità maggiore. Un allenatore da acqua sporca, pochi mezzi, e tanta pioggia presa. Oppure un Dino Risi, capace di tenere i club a distanza e irriderli prima ancora di costringerli a un progetto sulle categorie minori, di trasformare i ruoli e le azioni ma purtroppo gira a Cagliari, ed ha una parola sola. Carillon e Armonica, una volta, dai, una sòla.