La bohèmassimo

ROMA, TEATRO BRANCACCIO . PARTITO DEMOCRATICOMassimo D’Alema è il nuovo sovrintendente del Teatro alla Scala di Milano, a deciderlo è stato Riccardo Muti da poco presidente della Repubblica (con i decisivi voti dei dalemiani). Appena insediato è cominciata una contrapposizione con il direttore d’orchestra che durante le prove de “La bohème” non voleva accettare la rilettura dalemiana dell’opera di Puccini, eppure si trattava di piccoli stravolgimenti, intanto di chiamarla “La bohèmassimo”, al posto del racconto dell’esistenza gaia e spensierata di un gruppo di giovani artisti bohémien, ambientata nella Parigi del 1830, vuole i giovani comunisti e al posto di Parigi la sua Pisa con la Normale, Sofri, Mussi e gli altri, con la dialettica delle molotov e delle mozioni chiudendo con un piccolo Velardi matricola. Il resto era un normale editing per «che gelida manina» ci va un «che calda corrente» e per «si, mi chiamano Mimì» un più virile «sì, mi chiamo Massimo», tanto che è esploso quando ha saputo delle proteste: «vi sembra il caso di farne una storia con interviste a Vittorio Feltri?» Ha detto il neo sovrintendente. D’Alema è stato costretto a sciogliere e rifondare il sindacato orchestrali della Scala con Fassino alla viola, Bersani al corno, Cuperlo al violino, e Zoro al clarinetto, a portare allo scontro le tre correnti di musicisti e a una notte di votazioni che hanno visto emergere il suo nome come nuovo direttore d’orchestra. Mentre le agenzie battevano la notizia: Paolo Isotta si è incatenato fuori al teatro, consegnando un suo esile j’accuse di 1200 pagine a Dagospia. Il risultato è che due tromboni e un oboe si sono suicidati, la prima tromba è passato con la Lega e ora è assessore a Lainate, i fagotti si sono detti montiani e quindi neutri, e il resto ha deciso di prendere la tessera del Pd sperando in una difesa renziana, prima promessa poi smentita. Con mezza orchestra all’opposizione il maestro D’Alema ha varato l’espulsione automatica – inventandosi una norma che poi ha fatto scrivere a Paolo Mieli – ed ha chiesto aiuto al suo amico Raul Casadei che tante feste dell’Unità ha risolto, e ai suoi migliori musicisti, il risultato: in due giorni “La bohème” sembra una fiction di Rai Uno, quindi perfetta per il paese. Lucia Annunziata in uno speciale “Mezz’ora alla Scala” ha raccontato D’Alema come il nuovo Daniel Barenboim, anzi meglio, mentre Massimo le confidava che sta cercando di imparare a leggere la musica in tempo per la prima, «è come per l’inglese, non ci vuole molto, e a Blair sono apparso credibile, e in fondo Puccini non sapeva un cazzo di liberalismo, vini e cani». In molti musicisti hanno provato a schierarsi con gli epurati, Renzi ha anche promesso una rottamazione ma ormai è preso dal fatto che sistemato Civati all’Onu, ha come opposizione interna il campione mondiale di playstation: un ragazzino sardo di 15 anni, Marcello Porru, che in pratica è Soru nel corpo di Graziano Mesina, e non gli dà tregua su niente, da Instagram a Twitter è una opposizione durissima, tanto che quando finalmente è in parlamento il premier si toglie le scarpe e chiede cosa c’è per cena? Stava filando tutto liscio, sembrava una normale crisi di governo risolta tra amici, fino a quando Massimo D’Alema non ha chiesto alla Rai la diretta della sua prima “bohème”, il presidente della Rai: Walter Veltroni ha cominciato con una serie di scuse per temporeggiare, da «le case degli italiani non sono stereofoniche» a «quando mai abbiamo visto la lirica in tv, nemmeno Siciliano è riuscito a fare sta cazzata, in fondo si tratta di salvare l’Italia dalla tisi che affliggeva Mimì e ora affligge Massimo D’Alema, una malattia che ha una nobiltà letteraria ma che comunque non lascia scampo e che potrebbe arrecare un danno enorme al paese». Il resto l’ha fatto Bruno Vespa facendosi vaccinare contro la tisi in diretta a Porta a Porta speciale “Scala, Tisi e pandemia” con una rivelazione straordinaria: anche il maestro Pavarotti sarebbe morto di tisi. I giornali hanno scelto la sobrietà e la prudenza alimentando solo l’epidemia, tanto che Umberto Veronesi – subito nominato da Renzi – commissario straordinario per l’emergenza tisi, ha chiesto la chiusura di tutti i teatri italiani, e l’interruzione della stagione lirica fino a data da destinarsi. Poi è apparso D’Alema al tg1 e ha detto: «la tisi è una finzione di scena, e poi lo sanno tutti, escluso Veltroni, che nella lirica come nella politica ogni dramma è un falso».

 

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