Partigiano, pittore, sceneggiatore italiano, una vita difficile, racconterebbe sua esperienza con Alberto Sordi

downloadCominciò ricopiando Pinocchio di Collodi, pagina dopo pagina, a mano, su un quaderno, forse per questo non ha mai perso né umanità né fantasia: Rodolfo Sonego, continuando ad amare le illusioni, per tutta la vita. Il resto l’han fatto Newton e Darwin. Alternando il materialismo e i sentimenti, il pragmatismo dei copioni all’immaginazione che li precede, restituendo la vita reale sullo schermo, persino una settimana in ospedale con sua madre divenne un film di Vittorio De Sica “Una breve vacanza”, perché «Le malattie sono i viaggi dei poveri». Prima pittore poi sceneggiatore, con un pezzo di “vita difficile” da capo partigiano, una biografia comune alla sua generazione, almeno fino a quando, a casa di Sergio Amidei, non incontra Alberto Sordi, e diventano una coppia: aperta, litigiosa, unita dalla diversità. «È una Bovary…». «E che è ‘sta Bovary?». «È una che ha dei sogni segreti, delle fantasie…». A raccontare come Sonego divenne “Il cervello di Alberto Sordi” (Adelphi) è il critico cinematografico (per brevità, in realtà è mille altre cose) Tatti Sanguineti. E lo fa con un documentario su carta, dettagliato e pieno di sensibilità, puntigliosamente ripercorre biografia, incontri, film realizzati e no, dispute su soggetti e infine i pensieri e le opinioni cinematografiche di Rodolfo Sonego. Il risultato è un libro denso, bellissimo, da leggere davanti al pc con Youtube aperto per rivedere almeno spezzoni di quello che lo sceneggiatore inventava, scriveva, immaginava. La sua salita in montagna con i partigiani creò i presupposti per la sua discesa a Roma e l’ingresso nel cinema, cominciò visionando la restituzione della resistenza e finì raccontando l’Italia al mondo. Rimanendo sempre il pittore che amava Hitchcock e guardava fuori dalla finestra. Leggendo il libro non si può che rimpiangere Sonego, la sua capacità di restituzione, di scrivere soggetti in una notte e sceneggiature in un giorno, di film che poi sono diventati la spina dorsale della commedia all’italiana. Prima, dopo e durante, la restituzione di un cervello e delle storie a Sordi, le ha date a alberto-sordi-sordi09Vittorio De Sica «faceva sostanzialmente due personaggi: il Conte e il Truffatore. Trascorreva tutte le notti a giocare e spesso il giorno dopo, ripresentandosi sul set, si era scordato il personaggio. E allora ti fissava incerto come per chiederti se lui era il conte o il truffatore»; Mario Monicelli «un regista che conosce come nessuno tutti i segreti del racconto umoristico»; Monica Vitti (“La ragazza con la pistola”, la liberò dalla dittatura dell’incomunicabilità antonioniana); Totò: «Sonego, Lei che ha un cervello così grande, un cervellone finissimo, che è tutto un cervello, io Le chiedo il permesso di darle del tu»; Dino Risi il regista che si mette a disposizione quando Sonego decide di apparecchiare la sua vita sullo schermo e dopo aver insistito per farlo esordire alla regia, accetta di dirigere – scientificamente – “Una vita difficile” un film da storia del cinema, dispari; e poi si sono Zampa, Lattuada, Leone, Zavattini, Antonioni, Comencini, Lizzani, Altman, Grace Kelly, Silvana Mangano, Ferreri, Pietrangeli, Soldati, Emmer, Bolognini, Tinto Brass, Parise, Virna Lisi, Laura Antonelli, Verdone, c’è il rapporto con Gian Luigi Polidoro di cui vanno ricordati almeno due film “Le svedesi” e “Il diavolo”, c’è tanta roba, per ogni pagina un film indimenticabile, per ogni film la sua genesi: con le derive narcisiste, i problemi lavorativi e le ossessioni dei produttori, va ricordato su tutti Dino De Laurentiis, e in quasi tutti questi film c’è Alberto Sordi, con le sue manie, e la sua grandezza, un Sordi visto da dietro, raccontato prima dei ciak e pure dopo. C’è un viaggio in America inseguendo un film che poi non si fece, dove però Sonego incontra due dei suoi miti: John Fante che poi gli porta Saroyan, manca solo Hemingway alla sua tris letteraria da infarto. Ci sono l’Australia – il diario di quel viaggio è pubblicato sempre da Adelphi – prima che diventasse “Bello, onesto, emigrato Australia sposerebbe compaesana illibata”, Sonego c’era andato per cercare sua sorella, e per vedere il posto dove era emigrato suo padre per rimettere in sesto l’economia familiare. C’è il Giappone, disegnato, e raccontato da Kenzo Tange, l’architetto del centro direzionale Alberto-Sordinapoletano. C’è la vita al rovescio, senza la velocità dei film, con i suoi tempi morti, le disavventure e pure le liti come quella per il soggetto del “Sorpasso”, tutta da leggere: «Se un giorno qualcuno si mettesse a risunteggiare e a riscalettare molti dei miei copioni si imbatterebbe nell’evidenza che ci sono un sacco di piccoli e grandi sorpassi nelle mie storie». Viene fuori la figura di un uomo complesso, generoso, disincantato, capace di scrivere di tutto senza mai smarrire la sensibilità dell’ascolto. Uno sceneggiatore che non si perde mai nell’inutile, che non si stacca dalla realtà, capace di giocare tutte le partite possibili mentre scrive “Lo scopone scientifico”, mai abbandonato alla superficialità del cinema, quella che verrà dopo, e che molto fastidio gli darà, quella dei registi che si improvvisano scrittori, degli attori che si sentono poeti, e quella dei poeti che vogliono dirigere i film senza essere Pasolini. Sonego si porterà sempre dietro la finestra, lo stupore di guardare l’umanità, non visto; di non perdere nemmeno un dettaglio proprio come faceva con le parole di Collodi, che poi son diventate battute fulminanti, storie da censurare o da farci piangere e ridere, fino ad entrarci dentro. Flaiano diceva che Sonego teneva sul tavolo Madame Bovary «per correggerlo», non ha invece corretto l’Italia, ma l’ha scritta come Manzoni, per archetipi, l’ha messa in fila davanti alla macchina da presa, ed ha trovato Alberto Sordi, pronto a farsi “scrivere” addosso tutti quegli italiani, che ancora oggi, quando ci passano davanti, si fanno specchio.

[uscito su IL MATTINO]

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2 thoughts on “Partigiano, pittore, sceneggiatore italiano, una vita difficile, racconterebbe sua esperienza con Alberto Sordi

  1. […] «No, non è che io ci soffra per questa cosa, a me è bastato dimostrare che sono un attore completo, e in quel film credo di esserci riuscito. Come anche in un episodio di Pupi Avati: “Sposi”. Ho fatto qualche film che non è andato tanto bene ma dove si vedeva che avevo anche un’altra vena, tipo: “Colpo di fulmine” di Marco Risi, o “Sottozero” con Sonego». […]

  2. […] «No, non è che io ci soffra per questa cosa, a me è bastato dimostrare che sono un attore completo, e in quel film credo di esserci riuscito. Come anche in un episodio di Pupi Avati: “Sposi”. Ho fatto qualche film che non è andato tanto bene ma dove si vedeva che avevo anche un’altra vena, tipo: “Colpo di fulmine” di Marco Risi, o “Sottozero” con Sonego». […]

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