Tra le spiagge di Rio, le piazze di Napoli e la Playstation

Liberato dagli affanni, rimesso in posizione, Lorenzo Insigne: minuscolo e perfetto, è diventato l’uomo in più di Sarri e il perno fondante della struttura del Napoli. Apre corridoi, serve palloni da spingere in porta, libera spazi e uomini, riuscendo sempre nella manovra più elaborata e meno pensabile sotto porta, e, quando, finalmente, segna: è una vera e propria liberazione. E prima aveva provato da tutte le posizioni, appena vedeva un varco tirava, se non poteva servire Higuain o Allan – che ha comunque lanciato con un colpo da vecchio flipper –. Sembra che giochi la pallastrada, il suo è un esercizio continuo di fantasia e rimescolamenti calcistici, un incrocio tra le spiagge di Rio, le piazze di Napoli e la Playstation. E anche se il calcio è una questione ancora piuttosto democratica, lui è un bambino tiranno, vuole sempre starci in mezzo e spesso egoisticamente andare da solo in porta, anche perché sembra che sia stato autorizzato a farlo. Toccheggia nelle coazioni collettive, non perde mai il pallone, ed ha acquisito un coraggio da testa di cuoio: ogni volta che sta per varcare la linea dell’area di rigore, è come se si sentisse finalmente legittimato a fare quello che uno della sua tecnica e del suo talento deve fare, adattare al proprio respiro e ai suoi piedi ogni azione offensiva. Svaria, imprendibile, si sovrappone e non si sottrae mai all’appoggio dei compagni, è una sponda sicura, sempre. È anche vero che avere davanti uno come Higuain – che a Marchetti ha fatto il colpo della porta girevole e poi quello della ragnatela alta sulla libreria – rassicura. Insigne ha assimilato il metodo e la posizione, riuscendo a tramortire la difesa della Lazio, è dai suoi piedi che parte ogni azione e spesso finisce. Si è staccato dalla modalità “ipotesi” per andare a cristallizzarsi nella figurina imperdibile. Sono lontanissimi i fischi alla sua immaturità, del San Paolo. È capace di cambiare il ritmo della sua falcata, come di arrestarsi e dribblare da fermo i malcapitati difensori laziali, ha persino asciugato i suoi leziosismi in favore di una eleganza di tocco che è fulmineo, perso l’indolenza che ogni tanto gli velava il viso e scendeva fino alle gambe, immobilizzandolo. Adesso gioca tra eccezionalità e complessità, sbilanciando il gioco in suo favore. Rasoia di esterno, deposita di piatto, appoggia col tacco e se non può la gira in porta dove Marchetti cerca di rimediare. Insigne in questa partita contro la Lazio sembra aver preso i gradi e il bonus che lo portano a una nuova dimensione con più consapevolezza e dimestichezza, per un paradosso sembra avere più campo e occasioni a disposizione. Ha superato la linea d’ombra, smaterializzandosi e rimaterializzandosi di continuo, senza dover cambiare città o squadra, senza dover discendere un fiume, gli è bastato tornare quello che era: facendo coincidere l’uomo e il calciatore, finalmente padrone del proprio enorme talento. La sua precisione è invidiabile, come la sua dimestichezza nel superare gli avversari, incarnando appieno il verbo del dribbling che Jorge Valdano ha racchiuso in poche parole: fai finta di andare, non vai, poi vai; e Insigne è andato, ormai doma la palla col suo piede da accademia, la addomestica e con una assiduità maniacale supera l’uomo. Sciolto e potente si presenta frenetico in questa nuova versione da cinico produttore di idee e palloni. Melodico e visionario, lascia ondeggiare il pallone tra un piede e l’altro, esibendosi nella riforma del gioco del Napoli. Insigne è il “dettaglio” da guardare: ogni volta che qualcuno dice male di Sarri.

[uscito su IL MATTINO]

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