Quando i giornalisti italiani andavano a intervistare Gabriel Garcia Marquez, alla fine, lui, gli diceva sempre la stessa cosa: «Lei torna subito in Italia?» Chiedeva con quel disincanto che i baffi accompagnavano alla perfezione, lo sprovveduto di turno rispondeva: «Sì, certo». E lo scrittore rilanciava: «Allora mi saluti Cesare Zavattini», buttando, distratto, l’amo, poi si voltava, aspettando la risposta che puntuale, dopo lo stupore, arrivava: «Ma Zavattini è morto». Marquez, faceva passare dei lunghi momenti che nei più ingenui lasciavano immaginare demenza senile, vuoto, o peggio che la notizia gli arrivasse per la prima volta, poi sorridendo, lo congedava con la verità, la sua verità: «Zavattini non può morire». Così, oggi, quando ho letto dell’annuncio della malattia del profeta Johan Cruijff, ho ripensato a Marquez e Zavattini.
spero guarisca adesso è possibile