E quante volte Berlusconi ha rigiocato Italia-Brasile a Pasadena, senza i rigori sbagliati, maledicendo Romario scopertosi – solo anni dopo – comunista e irridente del povero Pelé governativo; con il rigore di Baggio cade il suo primo governo, prima ancora dell’avviso di garanzia, e del debole pressing a centrocampo di Bossi e D’Alema. È a Pasadena, col mondiale mancato, che si interrompe il primo progetto di B, è negli Usa che si giocava La Partita, il primo vero mondiale berlusconiano: con i suoi ragazzi del Milan e il suo ministro preferito, l’Arrigo Sacchi, è lì che Berlusconi passa da principe azzurro a mosca di Zavattini; è con le lacrime di Franco Baresi – uno che faceva impazzire pure il regista tedesco Werner Herzog – che il Cavaliere da sacchiano diventa zemaniano, basti solo pensare a quanto ha provato a trasformare Raffaele Fitto nel suo Foggia dei miracoli, incappando nel catenacciaro – linguistico – Nichi Vendola.
[da “Il più maldestro dei tiri”, ad est dell’equatore]