Sente il pallone che sta arrivando dalla sinistra, Josè Callejon, gli va incontro e lo gira di testa alle spalle di Consigli. È un pallone morbido, perfetto, e lui uno sciamano: appare e scompare tra Ariaudo e Acerbi, si libera dell’hidalguía dolente e sporcandosi, riprende a segnare anche in campionato. Torna in rilievo, riemerge, tra i marcatori. Si è fatto aspettare per tutto il girone di andata ma non ha mai smesso di partecipare alla scalata napoletana verso la vetta della classifica. Callejon è un calciatore silenzioso, che lavora sottotraccia, sfiancando i suoi marcatori, in un perpetuo apparire e sparire, inserirsi e tornare, tagliando di continuo, come una freccia del tempo: che va e torna tra le difese avversarie. In assoluto tra i più bravi ad infilarsi come uno 007 calcistico, il suo lavoro di intelligence è tutto nel sentire lo spazio e il pallone, nel prevedere le scene di assedio e nel farsi trovare al momento giusto. A lungo e solo in campionato – in Europa League ha segnato cinque gol e uno in Coppa Italia – ha, però, mancato il tocco in più, non privando per questo il Napoli del suo enorme lavoro di assedio e rifinitura. Divenendo una caratteristica della squadra, anche senza mai mettere il suo nome sulla partita. Ma il suo mostruoso modo di annidarsi e colpire, andrebbe studiato, tanto che dopo venti minuti persino Gonzalo Higuain usa il movimento Callejon per ribaltare la partita: fai finta di andare non vai poi la metti in porta smarcandoti tra due difensori. Il passaggio con precisione da lancio Nasa è di Hamsik, mentre sul gol di Callejon è Insigne che fa il Neymar – per tutta la partita non solo nell’azione del gol, fino all’uscita con dissenso – e serve lo spagnolo. In realtà è l’intera fascia sinistra napoletana ad avere un accento catalano: scambi veloci, tocchi di classe, in un continuo avanti e indietro, fino a trovare il momento giusto per il passaggio da gol, ma senza mai perdere il pallone. In questa giostra di passaggi, Callejon si è consapevolmente infilato per il pareggio del Napoli. Un taglio canagliesco, con la magia che si mescola alla tecnica. Istinto e rapidità. Liberandosi dall’assenza del gol e riconciliandosi col campionato. Un gol pesante che si aggiunge al firmamento delle giocate intelligenti che macina a ripetizione, persino nelle partite di indolente distanza dal gioco – quest’anno pochissime. È il premio alla sua ricerca, alla sua applicazione, da sponda per l’attacco: una missione svolta come una entità superiore che si confonde, e aspetta, si confonde e lavora per gli altri, scoprendo di avere delle caratteristiche sconosciute al suo gioco, imparando a disseminarsi nella partita senza per questo mettere il pallone nella porta avversaria. Callejon non si “sbatte” mai, possiede una capacità di astrazione, mette di continuo distanza tra sé e il suo marcatore, e mediazione per come lavora tra i reparti, e persino quando infiocchetta passaggi che uno non si aspetterebbe da lui – e che dovrebbe ricevere – non si esalta né fa pesare quel grado raggiunto, quella giocata regalata alla collettività sarriana. Il suo è un lavoro ossessivo di scavo dentro la squadra avversaria, uno scavo invisibile, che si finisce per notare quando poi arriva al gol o quando esce, e che invece fa a prescindere. La sua è una generosità a pioggia, che cade sulle azioni e si perde nel gioco. E lo dimostra quando al limite del recupero, va a prendere un pallone che sembrava perduto per servirlo ad Higuain, che, ovviamente, lo inchioda nell’angolo alla sinistra di Consigli, tagliando le speranze del Sassuolo. Esce dal ruolo Callejon, sempre più spesso, senza mai uscire dalla sua estetica calcistica. Aggiornando di continuo il catalogo dello stupore, negli occhi di chi lo vede giocare. Mostrando si essere un calciatore completo, capace di coniugare sacrificio e divertimento. Salendo di rango ad ogni giro di stagione.
[uscito su IL MATTINO]