22 11 1963 – il libro

Il passato è inflessibile non vuole essere cambiato, ma la letteratura può giocarci, e anche divertirsi. Questo dice Stephen King con “22 11 1963”(Sperling & Kupfer, traduzione di Wu Ming 1). Un esperimento, letterario partendo dall’ossessione americana: l’uccisione di John Fitzgerald Kennedy, mescolando con Alice di Lewis Carroll, “Ritorno al futuro” di Robert Zemeckis, “Libra” di Don DeLillo, le intuizioni di Jack Finney, ma è soprattutto un grande diffuso omaggio al genio di Ray Bradbury. Alla fine è King: semplicità, velocità, ritmo e soprattutto un plot che funziona come una catena di montaggio. Se non fosse così tergiversante, sarebbe un capolavoro. È che Stephen King pratica una letteratura includente, non solo deve tirare dentro il lettore, ma gli fa anche trovare tutto, come un supermercato, così nessuno uscirà a mani vuote dalla lettura. E tutti saranno contenti del biglietto pagato. Quello che non si può negare è la sua capacità di mescolare generi, di rielaborarli, ma soprattutto la sua conoscenza dell’America, e anche un amore per il passato americano che qui viene rimpianto nei sapori, nelle abitudini, c’è un salto dal 2011 al 1958 fino al 1963, e anche diverse citazioni da altre sue storie. Insomma si è divertito, e molto, Stephen King, e il divertimento lo sentirà anche il lettore, nonostante qualche pagina di troppo, qualche piccola storia che poteva essere tagliata. King non è uno scrittore è una compagnia aerea, devi fidarti. E questa volta la storia è difficile da catalogare, dovrebbe essere di fantascienza: c’è un viaggio nel tempo, ma non è solo questo, c’è la suspense di un thriller, ma non è solo questo, e c’è uno spettro, quello di Kennedy, ma non è un giallo (anche se di gialli ce ne sono diversi), è il centro della storia. La missione è impedire a Lee Harvey Oswald di sparargli, e cambiare in meglio le sorti del mondo. L’eroe è Jake Epping, un professore di Lisbon Falls, Maine. Bravo a scuola, divorziato, nessun figlio da crescere e con una forte incertezza sul presente. Il suo posto preferito è la tavola calda di Al, è lì che comincia e finisce la storia, nello sgabuzzino dietro il locale. Al la chiama «buca del coniglio», attraverso la quale si finisce sempre nella stessa città ma alle 11:58 del 9 settembre 1958, e per quanto ci si intrattenga nel mondo passato, al ritorno, se ne saranno andati solo due minuti del tempo presente. Questo permette di assentarsi a lungo senza destare sospetti. Così Jake Epping diventa George Amberson, nel mondo dei Kennedy. Si mantiene conoscendo i risultati del baseball e scommettendo su vittorie inaspettate, riesce a impedire una strage famigliare per capire che succede nel presente (tutto è basato sulla teoria delle stringhe e anche se non la conoscete, non vi cambia la comprensione della storia). George viene convinto da Al a provare, tanto può sempre mettere in ordine ritornando nel passato (ogni passaggio annulla le azioni precedenti). King sembra dire che si torna nel passato non perché è il tempo che riscriviamo sempre, ma per rimediare a una ferita questa volta, c’è quasi un istinto sociale. Tutto il romanzo è preparazione al momento in cui Oswald sparerà al presidente americano, e nella pagine che lo precedono c’è la grandezza di King, che trasforma Oswald da osservante in osservato. George va a vivere di fronte casa sua e ne segue la formazione e noi con lui, in un crescendo di attesa per sapere quale tesi sposerà King, rispetto all’omicidio Kennedy. Intanto, Jake divenuto George, insegna, cambia la vita di alcuni ragazzi e si innamora persino di una donna, Sadie Dunhill, bella e difficile con una storia pazzesca alle spalle (e le pagine sulla scopa sono da incorniciare) alla quale sarà difficile spiegare dove è andato il mondo e perché lui è nell’America del passato, ma quando è chiamato a dirle una cosa bella del futuro, le annuncia che c’è un nero alla Casa Bianca, e dirlo nel Texas del ’63 crea davvero emozione. La storia ne è piena, King sa piazzare colpi e farli esplodere sempre con lo stesso detonatore. La fase di avvicinamento a Dallas, l’adattamento di Epping in Amberson, da Americaoggi ad Americaieri dicono che è uno scrittore meraviglioso. La delusione è nell’epilogo, dopo le esplosioni, dopo tutto, era davvero difficile tenere testa, la ricostruzione è elementare, l’esito intuibile. Ma questo è un libro che farà scuola, è un precedente che creerà imitatori, anche se a sua volta è un puzzle di intuizioni ed esperimenti passati. Romanzo nel romanzo, costruzione dentro costruzione, fino a divenire domino, in un continuo costruisci e abbatti alla ricerca delle perfezione, per scoprire che non c’è, o se c’è non è percepibile. E, infine, la consegna dell’inevitabile vittoria della durezza sulla vita. Se c’è una cosa che non si può evitare è la morte, nemmeno nei romanzi come questo, si può, solo, miseramente rimandarla di poco, e l’unica arma per vincerla, è scrivere. Farsi storia.

[uscito su IL MATTINO, ottobre 2012]

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