La capacità di non prendersi mai sul serio e lo sguardo a cercare la parte comica delle cose per raccontarle. Amleto De Silva, scrittore-disegnatore-criticodicostume ricorda il disincanto di Bennie Salazar l’ex musicista punk tra i protagonisti de “Il tempo è un bastardo” del Pulitzer Jennifer Egan.
Passerai l’estate a scrivere “Il dizionario illustrato dei Giovani Merda” (Magic Press), ma come erano le tue estati passate?
«Liquide. Lungomare di Salerno la sera, poi la mattina la costiera amalfitana, e a luglio in Cilento, tra Palinuro, Santa Maria di Castellabate, Acciaroli, Agnone. La cosa che mi ricordo è che bevevamo anche dieci, dodici tropical al giorno. Non so se sai che il tropical si fa con: un bicchiere di latte, orzata, menta, buccia di limone e schizzetto di gin. Dopo dieci tropical in una mattinata avevi ingurgitato quasi sei litri di latte, uno di sciroppo e un quarto di gin. Poi andavi a mare, ti sentivi male, e dicevi: “che può essere secondo voi?” e gli altri rispondevano: “e quello è stesso il caldo”».
E le estati di oggi?
«Adesso è meglio, vado dove vuole mia figlia, che è un’entusiasta. La vedo che si costruisce dei ricordi estivi, mi commuovo e mi dico che avrei dovuto farlo anch’io, poi dico vabbuo’ lo fa lei per me. Essere pigri è una gran cosa: ti permette di non far niente e godere di quello che fanno gli altri».
Sembri nutrirti dell’effimero che la società Italia produce. Quando è cominciato il disastro?
«Una data non c’è, ma di sicuro quando abbiamo cominciato a relativizzare. È quello l’inizio della fine. Per dire: Coltrane non lo puoi relativizzare, come tutti quelli bravi. Coltrane è Coltrane. Il guaio è stato quando abbiamo cominciato a far parlare quelli che dicevano Al Bano è un grande cantante perché prende non so quante ottave: ma che me frega a me della voce, se canta “Felicità è un bicchiere di vino con un panino?”. Quando qualcuno dice: ma nel suo campo è bravo, a me sembra di sentire certe fidanzate che ti volevano bene a modo loro e la sera le beccavi avvinghiate a quello con la moto da cross. Però ti volevano bene, eh».
Sei stato, forse, il primo in Italia ad aver intuito che le serie tv si stavano sostituendo ai romanzi, quando l’hai capito?
«È come chiedere perché la parmigiana di melanzane è meglio del tofu. Perché il tofu fa schifo, ecco perché. Scherzi a parte, le serie tv hanno riempito il vuoto lasciato dal romanzone d’appendice, di quello che non mollavi perché volevi sapere come andava a finire. Stephen King –sbagliando – dice: è la storia, non chi la racconta, perché lui sa raccontare eccome. La serie tv lascia poco spazio al resto, e pretende una storia. E, possiamo dire che le cose ben fatte hanno una storia, le cretinate sesquipedali hanno una narrazione. Se mi riempi libri e film di narrazioni, mi levi attori e autori e ci metti affabulatori, invece della parmigiana di melanzane ti vien fuori il tofu».
Mi sembra di capire che non ti piaccia – tra l’altro inspiegabilmente – il tofu, sai che poi si lamentano i produttori: quindi salutiamo il tofu, mentre racconti la più grande estate della tua vita.
«Se fossi uno scrittore alla moda ti parlerei degli odori di basilico e di crema abbronzante, dei vestiti di mia madre, del maglioncino di Positano, quello di cotone che pizzicava, la sera, perché allora la sera faceva freschetto, dei film visti la sera ai cinemini all’aperto, i gelati che non ci sono più e comunque non hanno più lo stesso sapore, il calcio balilla, i Pescura di legno, le canzoni di Fred Bongusto, e mi sto annoiando a morte, a forza di scrivere ste cose vinco il Campiello ma mi viene voglia di pigliarmi a schiaffi da solo».
Hai una canzone dell’estate?
«Due canzoni: “Sera” delle Orme e “Natbush city limits” di Ike e Tina Turner».
C’è un posto dove ti piace tornare?
«Da piccoli andavamo sempre ad Agnone, Cilento, e poi per decenni niente, nemmeno per sbaglio. Una dozzina d’anni fa, di ritorno da Palinuro, in moto, mi ci sono fermato. Niente. Sai che vuol dire, “niente”? Non ho riconosciuto un negozio, una spiaggia, una strada. A un certo punto ho fermato uno e gli ho chiesto “scusate ma qua stiamo sicuro a Agnone?” e lui giustamente mi ha detto “ma siete cretino?”. Pensavo di avercelo, il posto dove tornare, ma non sarei dovuto tornare».
Che rapporto hai con l’estate?
«La odio, ricambiato. È il trionfo del pecorume, del “vanno tutti a mare, che fai non ci vai pure tu”? Ma se mi metto sul divano col condizionatore non soffro affatto e loro dicono: “Ma sei bianco”, e io rispondo: “Sarebbe un problema se fossi un kenyota”. Poi le spiagge son pericolose, c’è l’animazione: arriva uno e ti cazzèa perché non vuoi fare il “saluto al sole”. Arriva un altro e ti redarguisce perché ti rifiuti di fare il “risveglio muscolare” (nel mio caso sarebbe una resurrezione). Dopo ti mandano omaccioni a intimarti di partecipare al torneo di beach volley. L’unica è andare muniti di certificato medico, che però non ti esime dal “giocaperitivo”, che non so cos’è perché a quel punto di solito sono già scappato, complice il venditore di aquiloni».
Mi dici un film che secondo te ha inchiodato dell’estate?
«“Il sorpasso”, senz’altro. C’è Gassman che è l’emblema di quel pecorume che ti dicevo: è estate, quindi via in macchina, la trattoria dove “il padrone è dei nostri”, la zuppa di pesce a Civitavecchia, inseguire le straniere perfino al camposanto. Un miserabile. Vuoi mettere con la grandezza di Trintignant che invece studia, perché non ritiene necessario non studiare perché “è estate dobbiamo anna’ ar mare”, che si crea un amore romantico dalla finestra di casa invece di star lì a togliersi la sabbia dalle chiappe? E infatti muore. Anzi, è Bruno Tortona che lo uccide e poi sopravvive. Che gran film aho’».
Questa è una notizia, pensavo che stessi con Cortona. Dove si è formato il linguaggio di Amleto De Silva?
«Sui libri. Non so più quanti, davvero non lo so. Poi, verso i quindici anni, ho scoperto il dialetto, che mi era vietato parlare in casa. Ho mischiato tutto ed ecco qua».
Sai far ridere su carta – cosa che ormai riesce a pochi – raccontami le cose più ridicole viste in spiaggia o i tipi più assurdi.
«I maschi. Sono una cosa da morire. Le femmine sono i nuovi maschi: sicure, sciolte, coi rotoli di ciccia e la cellulite: con Internet anche le più racchie hanno capito che basta postare una foto di un piede per avere intorno migliaia di cicisbei adoranti. E loro si sono rilassate. E fanno bene, lo trovo confortante, da un punto di vista sociale. I maschi invece sono le femmine di quando ero giovane io. Insicuri, pendono dalle labbra di queste dominatrici strafottenti, si mettono in competizione tra loro a botta di addominali, cerette, pedicure, pettinature da calciatore effeminato. In giro, la maggior parte dei culi tonici è maschile. Non so te, ma a me la cosa fa ridere assai».
C’è un incontro che ti ha cambiato la vita?
«Quello con Internet e i social network. Checché ne dicano quelli della mia età, Internet è il bene. Dice ma ci sono i fascisti, i razzisti: certo, Hitler aveva i follower su Twitter, è così che è nato il terzo Reich, giusto? Guagliu’, annettiamoci l’Austria, il mio post sull’Anschluss ha avuto ventimila like. E, invece, in rete se sei bravo si vede. In tv te la cavi: dieci minuti di intervista e pure il più fesso sembra Bertrand Russell, in rete no, nessuno può fingere a lungo».
E un viaggio?
«No. Odio viaggiare. Il mio top dell’odio è viaggiare in estate, figurati. “Dove cazzo andate tutti?” Come diceva un nostro amico buonanima, “cosa pensate di ottenere?”».
L’estate lascia sempre rimpianti e gioie, c’è qualcosa che hai rincorso senza riuscire ad averla?
«Mi pento di tutto ma non ho mai davvero rincorso niente. Ogni tanto penso che dovrei avere un obiettivo da raggiungere e fare di tutto per raggiungerlo, poi però c’è sempre un bel libro da leggere, un amico che ti telefona per sfotterti, un aperitivo da prendere al bar coi compagni, una serie tv da guardare, creature da solleticare e alla fine sai che c’è, chi se ne fotte».
[uscito su IL MATTINO]
Mi pare sia Cortona non Tortona, per il resto è tutto perfetto.
La metafora parmigiana-tofu è geniale.
Sulla frase “le femmine sono i nuovi maschi” (che condivido) Mi sarebbe piaciuto poter domandare al sagace De Silva (magari anche all’intervistatore): Allora Beatrice Morandini è il nuovo Bruno Cortona?
Sempre un piacere passare di qui. 🙂
sì, ho corretto, grazie.
De Silva merita, io non so chi sia Beatrice Morandini e sospetto che anche Amlo non sia informato sui fatti.
ah il vecchio Virzì, non l’ho visto, sto rivedendo Dino Risi 🙂
Scusami se insisto. Quando hai tempo (da perdere) dai’ un’occhiata alla mia visione in proposito: https://paracqua.wordpress.com/2016/05/25/matte/
Buona giornata 🙂
ma certo,