Se è vero che il servizio è una finestra sull’ignoto, come diceva Lars Gustafsson, è anche vero che l’ignoto del tennis di oggi gioca con il suo passato. Ogni battuta, scambio, degli Open d’Australia sembra un lob temporale che riavvolge il nastro di finali già viste. Tornano i grandi, in un presente che sembra un déjà-vu. Non ci sono novità, ma solo certezze, quelle che sembravano essere passate, affidate agli albi e ai ricordi, che erano pronte a salire in tribuna, e invece rieccole: Roger Federer che riaffronta Rafael Nadal, e le Williams – Serena e Venus – che si ritrovano allo specchio con una rete di mezzo. È il tennis dei remake, fatto dagli stessi attori. Federer ha avuto tutto, persino il saggio religioso in vita, dal miglior scrittore che potesse occupare la tribuna con gli occhi incollati su di lui, su ogni singolo gesto o rivolo di sudore – David Foster Wallace –, che scrisse: “la particolarità di Federer è che è Mozart e i Metallica allo stesso tempo”, potremmo aggiungere che Nadal – che pure ha avuto tanto – è Wagner e i King Crimson insieme, il resto è da vedere, fra poco. Insieme a Wimbledon, nel 2008, hanno scritto un romanzo dickensiano a puntante con innesti di Joyce: complice la pioggia. Sette ore di partita, comprese le interruzioni, Federer in apnea e Nadal che vince impedendogli di conquistare il suo sesto titolo consecutivo sull’erba di Wimbledon. Sono i duellanti di Conrad, che attraversano il mondo sfidandosi, volano nei cieli e sopra gli oceani per sfidarsi sulla terra (nelle sue declinazioni tennistiche). La sfida che oggi l’Australia ci regala era cominciata nel 2004 negli Usa in un doppio all’Indian Wells Masters, Federer era già padrone del tennis a 22 anni e Nadal era uno sconosciuto diciassettenne che nel singolo a Miami batté lo svizzero. Per Gianni Clerici il tennista spagnolo Rafa Nadal è l’incubo freudiano di quello svizzero Federer, che è in svantaggio di 23 a 11 negli scontri diretti, insomma tutti, ma non lui. Federer è il più grande della sua epoca fin quando non affronta Nadal, potrebbe essere il paradosso di questi anni di tennis. Rod Laver, il Pelé del tennis, ama lo svizzero, e lo ritiene il più forte, «Federer è il più grande giocatore della sua era, ma non si possono fare confronti con Fred Perry, Don Budge o con me». Ed è sempre il vecchio Laver ad avvertire come il tennis dopo i trent’anni cambi, regalando giornate strabilianti e subito dopo cadute improvvise. Eppure sembrava impossibile rivederli contro, lo stesso Federer racconta: «Mesi fa, quando l’andai a trovare a Maiorca, ed eravamo entrambi infortunati, ci dicemmo che sarebbe stato veramente difficile poterci ritrovare in una finale». Adesso sono lì per giocarla. Con lo svizzero che promette: «Farò di tutto e di più. Voglio andare oltre e lasciare tutto qui in Australia. Se poi non dovessi camminare per 5 mesi, andrebbe bene lo stesso». Nadal farà uguale, e dopo aver battuto Grigor Dimitrov – uno che somiglia molto a Federer – ha detto: «Non avrei mai immaginato di arrivare in finale – ha ammesso Nadal subito dopo il match – dopo i problemi che ho avuto nell’ultimo periodo. Avere la possibilità di competere ancora una volta con Federer è un privilegio, penso che anche lui sia molto contento, potrebbe non accadere più». Il tennis unisce teatro e boxe, non ci sono zone di salvezza o angoli neutrali, vieni aggredito o devi aggredire. Nessuna partita è uguale a un’altra, nessuna palla si somiglia, e ogni colpo e differente anche se ripetuto mille e mille volte. E questo oltre i due campioni lo sanno le sorelle Williams, il cui ritorno in finale nella stessa finale Slam per la nona volta (la prima da Wimbledon 2009) è apparso meno sorprendente. I quattro sembrano possedere il fascino dell’immortalità, o una capacità da videogioco di scalare quello che è già stato scalato, di rigiocare e rivincere. Un gioco di replica tra mille varianti, che racconta come classe e determinazione possano prevalere sul tempo e azioni. Federer oltre a innamorare Wallace sembra fatto apposta per smentire Orson Welles che mai avrebbe immaginato un guerriero d’eleganza proveniente dalla Svizzera. Nadal è un maratoneta, uno che ti prende per sfinimento, al cospetto dello svizzero sembra persino rozzo e deve accontentarsi di John Carlin per il canto del rovescio. Insieme sono il tennis di questi anni, nella Rod Laver Arena disputeranno la loro ventiduesima finale: 14 vittorie finora per Rafa, 7 per Roger (6 contro 2 negli Slam). Ancora una volta misureranno il loro limite, oscillando tra la gioia e la tragicità. Sono l’uno l’occasione dell’altro, l’ultima.
[uscito su IL MATTINO]