Si scrivono romanzi per produrre altri destini e per agire da demiurgo stilizzando la realtà, ci dice Francesco Palmieri. Lui annoda se stesso a Bruce Lee, e scrive la sua storia. Il progetto è rimettere insieme i pezzi del corpo iconico di Mouh Si Duhng (chi non si ferma mai) e, montandoli, farne tornare la vita, le gesta, mentre ne ripercorre la breve esistenza: triangolando tra Napoli, Roma e Hong Kong, e sovrascrivendola alla sua. È così che nasce “Piccolo Drago” (Mondadori), con Lee che parte dalla Cina per l’America con cento dollari e un sogno, e Palmieri che da Napoli va in Cina per inseguire quel sogno divenuto certezza, incrociando strade e gesti, acquisendone filosofia e lingua, fino a usare la finzione cinematografia – che fu la cifra espressiva di Bruce Lee, che mai combatté – per dirci la verità. Continua a leggere