
Nel mondo esistono due tipi di civiltà, dichiarava solennemente Rossellini, che si distinguono in base al tipo di abiti indossati dalla gente. Da una parte c’è la civiltà dei «drappeggiati», e dall’altra quella dei «cuciti». Le persone drappeggiate tendono a essere rilassate, meditative, calorose, comunicative, più sensuali e meno alienate. Le persone cucite sono più efficienti, ma tendono a esse
re nervose, fredde, incapaci di esprimere le propri emozioni, sessualmente frigide e tendenzialmente paralizzate da un’implacabile malinconia. I greci e i romani, osserva, erano drappeggiati; i nordici cuciti. I cattolici di norma erano drappeggiati; i protestanti cuciti. E gli indiani? Per Rossellini, gli indiani erano la quintessenza della civiltà drappeggiata, come dimostrato da sari, dhoti e lungi. Ecco perché, teorizzava Rossellini, gli indiani cercavano di aprire la propria mente a ogni forma di conoscenza e ambivano a una sintesi poetica del mondo. Ed era proprio questo che lui intendeva mostrare nei film che avrebbe girato in India.
[Dileep Padgaonkar, Stregato dal suo fascino, Roberto Rossellini in India, trad. Anna Nadotti e Norman Gobetti, Einaudi, 2011, p. 71]
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