Avevo sedici anni, quando rubai gli stivali del campione, lucidi più degli scarpini, erano nel nostro spogliatoio, e a Newcastle pioveva, no, non li misi ai piedi – erano tre numeri più grandi – ma nello zaino, e portandoli a scuola, nell’intervallo, li mostrai ai compagni. Come e più della Coppa Campioni, erano un trofeo, tutti conoscevano quegli stivali. E no, non mi vergognai del furto. Anzi, mi parve l’unica cosa da fare. Erano giorni che ci pensavo, ad ogni allenamento accorciavo la distanza tra me e loro, esplorando tutte le implicazioni possibili fino a cadere nel possesso. Nel tragitto dal campo alla scuola era come avere il ghiaccio nella borsa. Misurai la presenza delle cose. Ed ebbi paura. Ma poi, sotto al banco, il ghiaccio divenne altro, un bottino prezioso di stelle e anche un album di figurine intero, quello dell’anno ancora da venire. Continua a leggere →