Archivio mensile:agosto 2017

Alexanderplatz mit Mozarella

Va a Berlino, Massimo Zamboni, in autostop con i passaggi democristiani – come se fosse un Nenni nella stanza dei bottoni – e con le medaglie di Lenin sul petto. Va un po’ ad occupare casa e un po’ a cercare se stesso, alla fine trova un lavoro in una pizzeria, e quello che diverrà il suo compagno di musica e gruppo: il mistico Giovanni Lindo Ferretti. Aggiungete lingua tondelliana di seconda classe, speranze comuni alla sua generazione e rivoluzione nello zaino. Ma arrivato “a quel Nord” trova fricchettoni e siciliani, con i secondi che gli insegnano veramente a vivere rispetto ai primi. Cercava la libertà, trova il rigore. “Nessuna voce dentro” (Einaudi), è un libro uscito la prima volta dodici anni fa, e riedito ora, ma che, nonostante l’editing e la riscrittura, continua a rimanere un ottimo documento privato e un pessimo libro, con schegge di scrittura da salvare e un contorno di impressioni confuse. Continua a leggere

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Ceronetti 90

Qual fascio di articoli insanguinati, gli occhiali frantumati di Carlo Casalegno, i due tre messaggi scarabocchiati nel letto dove giaceva col volto coperto, senza più voce, chiedono perché, e non c’è risposta, se non è la Moira a darla, col suo silenzio. Intanto lo sgomento di un giornale ferito, un anno fa, da quei quattro colpi rimbalzati dentro stanze dove l’orrore del mondo arrivava soltanto filtrati dalle telescriventi, è riassorbito da tempo, o se residui ci sono, non sono più palpabili; le colonne hanno continuato a ospitare attentati e processi, altri attimi di violenza in cerca di spiegazione e di castigo, sospesa. Quanto al dolore di una donna rimasta sola, vorrei ricordarlo qui come l’unica ustione refrattaria a ogni cura tra quelle prodotte dal colpo. E anche la devastazione portata negli affetti privati sta scritta sulla cambiale erinica di chi gli ha sparato. Continua a leggere

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Labirinti, orecchie e soprattutto corde

Nikolàj Ivànovič mi diceva: l’uomo per la struttura dei labirinti delle orecchie è adatto a camminare su una corda e a fare su una corda tutto quello che fa a terra, ma di questo non è informato, bisogna renderlo edotto. Continua a leggere

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Si mangiano pappagalli

(Seminary Street) Stando a letto, nel silenzio del mattino, sento il rumore del cucchiaio di S. che sta prendendo il suo breakfast di cornflakes e latte. Il cucchiaio tocca la tazza col suono di una fioca campanella da pecora, come se di là ci fosse un prato di montagna in discesa dove stanno sparse delle pecore che brucano a testa bassa. E ogni tanto la pecora-guida, o forse un montone, alza bruscamente la testa e la scuote, mentre mastica, e fa suonare la campanella. Ho cominciato a scrivere tardi, così, ora, malgrado l’età, posso in un certo modo considerarmi uno scrittore giovane, uno che ancora legge imparando, non ancora stanco della vecchiaia. Per anni mi sono alzato presto tutte le mattine per andare a lavorare. Continua a leggere

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Jerry Lewis: la resa del leone

– Che devo fare?

– Te stesso.

– Finalmente, Stan, ero stanchissimo.

– Lo so. Ci siamo passati tutti.

– Pure Oliver? Non ci credo.

– Te lo giuro su John Wayne.

– Non mi dire che devo salutarlo?

– È un po’ che sono in questi Studios e ti confesso: non c’ho capito molto. Continua a leggere

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