Alessandro Piperno, scrittore e professore di Letteratura, si siede sulla cattedra come un Robin Williams provando a fare Alessandro Baricco e tira giù un po’ di informalità, qualche confessione, due ricordi, ed ecco “Il manifesto del libero lettore” (Mondadori). Un saggio contro se stesso, dove prova a mettersi a capo di un ipotetico gruppo di lettori liberi, dicendo loro che un libro si può abbandonare. Lo aveva scritto anni fa Daniel Pennac prima di precipitare in una serie di libri da abbandonare. Poi dice al gruppo che i romanzi non cambiano il mondo. Ma va? Se anni di “Madame Bovary” non hanno fatto capire all’umanità che il matrimonio è inutile, nonostante la povera Emma continui a struggersi, appare evidente persino a Michele Serra che qualcosa non vada come si deve. Non basta fare Baricco per essere Baricco, nonostante la formazione schierata: Tolstoj, Flaubert, Stendhal, Austen, Dickens, Svevo, Nabokov, Proust. A Piperno manca slancio, sembra Carlo Verdone che rifà Angelo Infanti in “Borotalco”, per essere Manuel Fantoni ci vuole il fisico. Il risultato è una parodia involontaria senza mai un azzardo. Baricco avrebbe detto: il mondo si divide in quelli che hanno letto la Recherche e in quelli che no, e poi in una ristretta cerchia di cui facciamo parte io e Proust: quelli che l’hanno capita. Oppure incrociando i ricchi scapoli della Austen con i racconti post-matrimoniali di Flaubert. Piperno promette di svelare i trucchi dei grandi attaccanti delle pagine, finisce per fare osservazioni da tifoso – in fondo sono gli otto scrittori di cui non sa fare a meno, come dichiara nel sottotitolo – in un misto fra melanconia e banalità scolastiche.
Mexicano io non so se tu hai ragione, ma quando fai la canaglia sei irresistibile. 🙂
🙂