Salò o kg 1,368 di Sodoma

Massimiliano Parente personaggio-scrittore nel libro del Massimiliano Parente scrittore-personaggio dichiara: «i miei romanzi devono durare secoli, non sei mesi». Ma, nonostante intenti e sforzi, la sua “Trilogia dell’inumano” (La nave di Teseo) appare già superata, una cronaca degli orrori culturali consumata in pochi anni, tirata via in poco, complice la bruttezza dei dialoghi. La raccolta è un librone ingestibile (kg 1,368) – dove di inumano c’è solo lo sforzo da fare per leggerlo – in rapporto ad altri libri che al peso fanno corrispondere una migliore riuscita nel tempo:  “Fratelli d’Italia” di Alberto Arbasino (kg 1,047), o “Infinite Jest” di David Foster Wallace (kg 1,040). Parente punta tutto sulle trasgressioni, ma lo scandalo – soprattutto sessuale o religioso – diventa conformismo in un breve giro di pagine. È convinto di essere Aldo Busi, e se lo dice da solo, «sono un capolavoro», però senza la forza di Carmelo Bene, sproloquia su chiunque, e, ovviamente, non manca Pasolini (lo sappiamo che non è morto per noi) vera ossessione: offeso, deriso, smentito, però ripreso, senza il suo “Salò o le 120 giornate di Sodoma” non c’è Parente, senza coprofagia non ci sarebbero molte sue pagine. È un avvitato, su se stesso e il proprio sguardo. Gli manca la tragicità, perché solo la tragicità genera l’ironia, la sua tribù di personaggi non raggiunge mai la reale vacuità televisiva, ne bordeggia solo i fianchi e le unghie laccate dei piedi. Duchamp applicato alla vita, funziona solo se sei Berlusconi e mandi in ogni casa “Una storia italiana”.

[uscito su IL MESSAGGERO]

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3 thoughts on “Salò o kg 1,368 di Sodoma

  1. rodixidor ha detto:

    Ho gran timore a farti questa domanda (in realtà perché mi fa paura la risposta) . Davvero hai pesato i libri?

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