Ancora tra il marziano di Ennio Flaiano e la zia di Alberto Arbasino, eccola l’Italia dei libri. Riassumibile in una canzone di Rino Gaetano: Andrea Camilleri che dribbla Fabio Volo e Paolo Cognetti che passa a Dan Brown e Ken Follett che guarda Carlo Rovelli marcato da Alan Friedman che aspetta Elena Ferrante. Aggiungete un coro di giallisti, qualche balilla e molta tivù: il paesaggio italiano con zombi tra presepe e condominio. A guardarli, mai morti, Italo C. e Pier Paolo P. ultime espressioni dell’antropologia culturale d’innato pessimismo italico. L’Istat dice che quelli che scrivono superano anche quest’anno quelli che leggono, col Sud infelice e il Nord – donna e diligente – ancora disposto a sfogliare pagine, in mezzo c’è una frattura dopo i 14 anni, quando gli italiani smettono di leggere e cominciano a scrivere, sui social: per partecipare al grande dibattito nazionale. Ci fosse un Giacomo L. o un Alessandro M. non se ne accorgerebbe nessuno, anche perché privi di vanitas mediatica, verrebbero ingoiati dal trend coatto d’arancini e montagne, omicidi e amiche geniali, darwinisti con gassosa e colonne di fuoco. L’eversione è il tempo libero, il disimpegno la risposta, col finto-tragico che prevale sul comico, dove la leggerezza dell’abominevole Goffredo P. o l’eleganza del mangiafuoco Giorgio M. sono lontane come colonie. Le statistiche della Crusca gridano al conformismo, al gioco al ribasso, aspettando che La metamorfosi di Franz K. diventi un reality: «non l’ho letto, lo sto guardando».
[uscito su IL MESSAGGERO]