Sarri&Allegri: pensare con i piedi

Uno è un costruttore di specchi, l’altro, invece, li rompe. Massimiliano Allegri fabbrica squadre che si guardano negli avversari e neutralizzandoli li battono. Maurizio Sarri irrompe, “Primavera non bussa lei entra sicura come il fumo penetra in ogni fessura”, rompendo gli schemi avversari. Allegri usa la panchina come se fosse una tenda da campo, le sue sono mosse di cavalleria, ogni volta, bordeggia Napoleone, arrivando sul baratro per i cambi, come è successo col Real Madrid, sorpreso dal fato e dalla mancata copertura in diagonale. Sarri ha trasformato la panchina in una officina, indossa la tuta perché il campo è lavoro, e ogni partita è un pezzo di artigianato da tirar fuori. Sono molto lontani sia gli uomini che gli allenatori. Quello della Juventus soffre la produzione estetica di quello del Napoli, quest’ultimo vorrebbe un po’ di pragmatismo juventino e anche metà della rosa a disposizione, oltre qualche punto in più. Entrambi non si arrendono, anche se in conferenza stampa Allegri sa recitare ed essere sprezzante, ha pensieri cinici e una ironia tagliente; Sarri ne fa delle conversazioni da bar che spesso lo travolgono per eccesso di sincerità e disabitudine al politicamente corretto, viene fuori quello che è: un bukowskiano. L’allenatore della Juventus appartiene al pallone, mentre quello del Napoli è figlio del ciclismo. Tutto il calcio di Allegri, quello che pensa e pretende, sta in Mario Mandžukić; mentre quello di Sarri sta nelle combinazioni tra Insigne-Mertens-Callejon, questo mostra anche la differenza tra loro, il primo ha scelto la semplicità e l’accumulo, il secondo la complessità e la dispersione. Eppure Allegri non è un conformista, né in panchina né fuori dal campo, anzi, solo che è un calcolatore, un preciso giocatore di biliardo che prima di tirare studia ogni angolo e traiettoria, che scegli la strada dell’azzardo solo quando è indispensabile, altrimenti usa l’azzardo degli altri per castigarli, è quello che ha fatto nelle partite precedenti proprio con Sarri, castigandolo. Per poi arrivare placido davanti alle telecamere a complimentarlo, meno di Guardiola, ma più del suo solito, in un acclamante elegantissimo sorriso presuntuoso. Sarri dal canto suo, avvolto da nuvole di fumo improvvisato, rubate nei pochi spazi autorizzati, sa perdere come pochi, avendo dalla sua tutta una vita di campi di periferia, la provincia nelle tasche e il giusto distacco con punte di surrealismo che ricordano l’eco di Roberto Benigni quando faceva Televacca, insomma una vita da Cioni portata in Champions League. Fuori dal campo poi, Allegri tra figlia, matrimoni lasciati sugli altari e ora l’amore con Ambra Angiolini, vive in un’altra dimensione, quella da star e paparazzi al seguito che gli rubano discese a mare e baci, corredati da libertà carnali e ipotesi d’unione. Sarri al massimo lo si potrebbe fotografare in una lavanderia a ore mentre aspetta il bucato, e si chiede: chissà se a Ferguson è mai successo. È un refrattario alle telecamere e al glamour, allergia riscontrabile nell’ossessivo aggiustamento degli occhialoni da vista non a goccia come ci si aspetterebbe da uno come lui, ma da impiegato di banca anni Settanta. E lui era in banca prima, poi a fare transazioni in giro per l’Europa, mentre Allegri ancora toccava palloni di fino e prestava ascolto al maestro Galeone per apprendere la consapevolezza della tattica, mentre cercava di non far calare i suoi voti in pagella al lunedì. Sarri ha avuto il tempo di inventarsi un dogma, e di conservarlo fino ad avere ragione. Allegri no, è un trasformista con la prudenza sempre in tasca, sa che prima non prenderle è la sua parte di mondo, carrozze e binari devono tornare a casa senza perdite. Sarri mette sempre in conto una perdita, però non rinuncia alla velocità, e quando vede i suoi rallentare salta, invasato, e poi svisa: masticando improperi che si porta dietro per giorni. Uno sembra un damerino, con le camicie di seta che gli disegnano i pettorali, mentre le pieghe da ranocchio in faccia incorniciano uno sguardo malandrino; l’altro ha sempre un filo di barba e pure una goccia di sudore, la maglia larga che scende sulla pancia e si sente il suo essere fuori posto in tutti quelli che non hanno un manto erboso e due porte. Il pallone li unisce e il pallone li divide. Insieme hanno abolito tutti gli altri. A metà stagione era già il loro campionato, con premesse, misteri, ipotesi e scommesse, ma comunque una corsa tra loro, come se gli altri non ci fossero, non a caso le loro squadra staccano di venti punti terza e quarta, un dato enorme per il campionato italiano, per non contare il resto. Allegri è tra i grandi anche fuori dall’Italia, per quello che conta il “Coach reputation ranking” lo mette subito dietro Pep Guardiola e davanti a Zidane, Conte e Simeone. Sarri, dal canto suo, è antologizzato, studiato, visto e rivisto, come portatore di calcio d’eversione, anche se fuori dalla top 20 che premia Allegri, gli mancano – colpevolmente – gli scatti in Europa, però molti club lo vorrebbero comunque in panchina per colmare il gap e magari divertirsi. Per un paradosso è proprio il calcio di Sarri che fa del bene al campionato italiano, anche se quello di Allegri lavora alla tenuta dell’orgoglio nazionale, e, tra i due, avanza un loro incrocio che per adesso ha raggiunto il miglior risultato calcistico oltre le Alpi: Eusebio Di Francesco che con la sua Roma è tra le prime quattro in Champions, giocando di sponda tra gli azzardi sarriani e le strategie allegriane. Due scuole che probabilmente prenderanno il largo, andranno a sperimentarsi in altri campionati. Sarri porta agilità e bellezza, Allegri compattezza, fiducia e titoli.  Sono una duplice meraviglia che soddisfa e divide, e, prima o poi, la crudezza sarriana troverà la crepa che farà crollare le certezze d’Allegri, in un capovolgimento di vertice.

[uscito su IL MATTINO]

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One thought on “Sarri&Allegri: pensare con i piedi

  1. […] attento, mentre la Juventus arranca, è sporca, ma trova sempre il gol per non perdere il passo. Sono due mondi lontanissimi che si affrontano, due concezioni diverse di società, con due allenatori che non potrebbero essere più distanti: […]

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