Thriller pallido con neve

Un rinvenimento eccezionale, il corpo congelato di un normanno in Groenlandia – che poi si rivelerà altro –, mette in azione una serie di storie su due piani differenti, uniti dalla stessa indagine. Ecco “La ragazza senza pelle” (Einaudi) di Mads Peder Nordbo. Da una parte il giornalista Matthew nel 2014, e dall’altra il poliziotto Jakob nel 1973, in mezzo nomi e storie groenlandesi, e non si può non pensare a cosa ne avrebbe fatto Paolo Villaggio, anche perché l’indagine ha tutti i vecchi canoni, e anche i cliché del genere thriller: dialoghi scarsi, dettagli macabri e personaggi piatti. C’è lo spazio degli orrori, la ragazza difficile – Tupaarnaq – che pare uscita da Stieg Larsson (si spera in un omaggio), un luogo piccolo – Nuuk – avvolto dall’omertà e l’aggiunta della neve al posto delle palme e della Danimarca al posto del padrino, il resto è “Il senso di Smilla per la neve”. In generale si squarta molto più che in un vecchio film di Dario Argento, e, però, gli squartamenti si tirano dietro più contraddizioni che amarezze. Il problema è la subalternità dell’impianto letterario, le tante inutili pagine di intermezzo tra una morte e l’altra, tra una indagine e l’altra, le banalità sugli angeli e le fate e persino la ricerca di un genitore con risvolti da soap-opera. «Sei un bimbo d’ombra, – gli aveva detto una volta la madre quando era piccolo. – Sei così pallido che ti dissolvi nella nebbia», e col protagonista si dissolve anche la storia, in una sottoletteratura kitsch che apparecchia una controversa odissea del ghiaccio, lunga come un dolore.

[uscito su IL MESSAGGERO]

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