“Il censimento dei radical chic” (Feltrinelli), di Giacomo Papi, appartiene ai romanzi con una buona idea e un cattivo sviluppo. Da una parte fotografa l’atmosfera che viviamo, il rovesciamento della definizione coniata dalla scrittore americano Tom Wolfe nel 1970 e divenuta offesa da estendere a tutti – non c’è bisogno d’essere né radicali né chic – usata persino come categoria del risentimento nei manifesti dei Cinque Stelle nel post nomina di Lino Banfi alla commissione italiana dell’Unesco, dall’altra la storia non riesce a raggiungere un punto di svolta, non andando oltre la restituzione del parlarsi addosso tipico degli intellettuali italiani. Continua a leggere