Calciomercato: noia, supervalutazioni e piccoli Omero

Un tempo il calciomercato era come i fuochi sulla spiaggia: intorno si sognava, si mischiavano postazioni e desideri, e soprattutto nascevano cose, persino famiglie, c’erano le canzoni di Battisti e c’era Maradona, ma ora quel fuoco è spento, quella fiamma langue, e pure noi ci annoiamo tantissimo e in giro neanche un attaccante per chiacchierar. Finite le estati lunghissime che mandavano il paese sulla costa traslando l’immaginazione casalinga dalla tivù ai giornali, soprattutto quelle senza grandi eventi sportivi, dovrebbe finire anche il calciomercato, non è possibile che il passaggio di Lukaku (non Messi, sul quale Conte si gioca la carriera vista la risolutezza con la quale l’ha voluto) dal Manchester United all’Inter sia durato più de “Il Trono di Spade”. La bibbia italiana dell’estate è “Il Sorpasso”, dove Dino Risi in una giornata riesce a farci stare una estate, ecco, magari in una giornata no, ma in un mese sì, potrebbe starci anche il calciomercato e sperare che la compressione riporti il sogno, che il restringimento tagli le contrattazioni, che la brevità restituisca l’audacia. Se le nostre estati durano sempre meno – e con colonne sonore pessime, oltre Lukaku c’è la trap – perché il calciomercato deve durare tanto, avendo anche il richiamo con la neve? Negli anni Ottanta tutto finiva per giugno, un po’ come gli esami di maturità, e si andava a mare col sogno in tasca del nuovo acquisto, l’immaginazione era tutta per il campo e non rimaneva sospesa nell’aria. Platini e Passarella – per dire – furono presi nell’aprile dell’82 perché quell’anno la Figc volle che tutti avessero una squadra prima del mondiale. Ma anche anni dopo, il Lukaku dell’epoca, Bobo Vieri fu dell’Inter nei primi di giugno, e pure Buffon e Nedved arrivarono a metà giugno alla Juventus. Adesso c’è una finestra enorme, sfinente, un ponte di soldi, supervalutazioni, plusvalenze, pettegolezzi e piccoli Omero che contano le cifre. Prima: c’era l’operazione preceduta dall’analisi e l’arrivo col commento. Il romanzo a parte è quello di Maradona ma, appunto, era Maradona, con la firma il 30 giugno, ultimo giorno di calciomercato. Dopo una storia così è normale che a Napoli tutto sembri banale, anche se quest’anno la banalità si è serializzata. Oltre Manolas preso come nell’82, c’è stato poco, almeno fino ad ora. Dove un tempo c’erano le rubriche sui peli del papa cantate da Battiato ora ci sono quelle sul nuovo carattere di Zinedine Zidane, le urla orgasmiche di Sarri per gli scambi di Ronaldo e i soliti scazzi di Neymar, che questa estate non ha picchiato ancora nessuno, e il sogno de Ligt. Ci si aggrappa a tutto per arrivare alla fine degli scambi. Ma l’orizzonte dell’uomo in canottiera – che adesso è una canottiera tatuata – si è ristretto, ridimensionato, nonostante i tanti attaccanti da invidiare e desiderare, sarà lo strapotere della Juventus che acquista come se avesse una catena di montaggio di soldi e calciatori, trasferendo all’estate il dominio dell’inverno, al calciomercato lo strapotere del campionato, sarà anche che di Ronaldo ce ne è uno solo (tutti gli altri son cristiani), sarà che le altre squadre devono calcolare ogni passo – l’Inter di meno – ma l’impressione è che quest’anno il calciomercato abbia mostrato tutti i suoi limiti, divenendo lungo come un dolore. La fine dell’Eldorado. L’assenza di colpi di scena con grandi trasferimenti fiacca l’estate, dove c’erano entusiasmo e aspettative ora ci sono commenti di rabbia, dove si versavano lacrime per un abbandono e abbracci per un arrivo ora c’è un normale trasferimento spalmato su giorni e giorni con annesse foto della consorte e altri vortici di parentele, discussioni sul numero di maglia e tante interviste al procuratore. È come se non ci fossero più miti da conquistare nonostante un lungo tempo per provarci, ma solo cifre più alte dell’Everest che scalano in pochi e con la noia degli habitué. E agli altri non restano che scarti, ritagli e l’entusiasmo da riversare nella nostalgia, nei falò della giovinezza: quando la logica mercantile non aveva ancora sovvertito il gioco.

[uscito su IL MATTINO]

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