Archivio mensile:marzo 2020

Zeitoun: Ulisse tormentato dagli equivoci

L’uragano Kathrina ha cancellato case, città e vite. Si è trascinato via molte storie, ha ucciso, devastato, stravolto. E dopo sono seguiti superficialità, inettitudine, violenze. Tutti ci siamo fermati al rimpianto per New Orleans sommersa, ma c’era altro, sotto l’acqua sporca. C’erano storie come quelle di Zeitoun che Dave Eggers ha raccontato nel sul ultimo libro (Zeitoun, Mondadori, pag. 311, euro 17,50),  che sono vere e proprie odissee, l’uomo siriano, un Ulisse tormentato dagli equivoci, mosso da buone intenzioni, frainteso, scambiato per un saccheggiatore e trattato da terrorista. Inquieta e commuove questa storia, perché costruita bene, con una velocità di pagine che restituiscono l’oralità, quasi riflettono il ritmo musicale dei luoghi dove sono accaduti, Eggers va oltre Kafka con gli occhi di Dickens. Continua a leggere

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Biamonti: lingua di confine

La Francia è oltre la valle. A uno sbuffo di vento. Stesso cielo. Mondo diverso. Se sai ascoltare si vede già, come la Shanghai che scorgeva Paolo Conte guardando a orecchio in fondo ai viali di Vienna. È una questione di musica, atmosfere, sensazioni. Passaggi e passaggi di genti. Un solo salto. Per andare a star bene. Salvarsi. Dire addio a errori e malefatte. Vite sbagliate, delitti. Senti la scia della fuga. La libertà nei campi. Scontri, sangue e amicizie che stanno intorno. Respiri trattenuti. Attese di luna. Inganni e amori. Uomini che si sbarbano alle fontane per strada. E gambe di donne da guardare e riguardare. Naviganti in fuga. Stranieri in marcia. Fuggiaschi e turisti. Pescatori e contadini. Malviventi che si giocano l’ultima carta. Passeur e migranti. Belle di giorno che tentato la svolta. Continua a leggere

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Soldati: Lettere da Tellaro

La piccola baia è una stanza vuota. Il mare ci sguazza da padrone. Entra, esce. Si ritira e poi torna placido a scontrarsi. Sembra sul punto d’imbolare tutto, ma non lo fa. Avverte, fa sentire la sua voce, quella del bullo, padrone del posto. Con destrezza raggiunge le case che gli stanno a ridosso. Niente attracchi. Poche barchette, tirate su a mano, dormono capovolte a ridosso della battigia. Indifferenti al chiasso del mare. Attorno alla baia e lungo tutta la costa, spezzata solo da minuscole spiagge, sta una corona di scogli, schizzati di sale, consumati dal caldo, luccicano al sole. Continua a leggere

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Soggetti per film come almanacchi

“L’affittacani” /1

Durante il regime coronavirus a Roma il signor Attilio Meniconi, ragioniere in pensione, vedovo, affitta i suoi due cani (taglie diverse un alano e un pinscher) agli inquilini del palazzo per farli uscire con giustificazione richiesta dal governo. Intorno all’affitto dei cani si creano diverse storie, quando la signora Giulia Nascinbeni perde il cane Lallo, quello di taglia piccola, tutto cambia perché il solerte vigile Renato Mascheroni scopre che il cane non è della signora Giulia che lo usava non solo per uscire ma per incontrare il magistrato Ermete Secchia, seguono vari esercizi di autorità e tentativi di chiuderla alla buona, ma niente, perché il cane Lallo non si trova (è sfuggito alla presa poco salviniana della signora Nascinbeni correndo libero per Roma). Attilio Meniconi viene scoperto come affittacani, il giro dei coinvolti è di un palazzo intero e nelle confessioni, al cospetto del commissario Manlio Calzoni, vengono fuori gli intrecci amorosi e i traffici: soprattutto uno, quello dei falsi permessi per visitare i genitori anziani e inesistenti del Meniconi. Ma quando tutto sembra precipitare, arriva la fine del contagio, il coronavirus è improvvisamente scomparso, e Lallo si ripresenta al palazzo. Continua a leggere

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Arbasino: straripante nazione in cantiere

Era Tom Wolfe e Truman Capote col ritmo delle canzoni di Mina, esportava Gadda e ripassava Proust giocando a flipper, dava del tu a Borges e alleggeriva Adorno, spernacchiava Kerouac e spiegava l’Italia alla Callas, non era uno scrittore ma una nazione in cantiere: di grazia e melodramma, lirica e parolaccia, un cocktail d’avanguardia letteraria e twist, alternando una festa a una mostra, in un eterno Gran Tour. Alberto Arbasino – morto a novant’anni dopo due di malattia –  partito da Voghera, dove incontrava il male di vivere senza salutarlo, era arrivato ad essere l’aristocrazia culturale tra giornali e letteratura, opera lirica e cinema, e in mezzo persino televisione: affrontata come una leva obbligatoria per capire il Novecento (in Rai con “Match”). Continua a leggere

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