tra l’eccesso e l’indolenza
esta noche juega el Trinche
urla[va] Rosario
mentre di contro-balzo sorrideva
una fase lunare prima che calcistica
sprazzo rugginoso
superava indenne difensori
passava in bici
sembrava una Cadillac
fa[ceva] gol al tramonto
tunnel senza motivo
e il credito al bar
malgrado la povertà
giocava con classe da patrizio
alle partite preferì l’esilio
la pesca e il lavoro
per lui avevan più decoro,
poi Maradona
lo trasformò in icona.
[uscita su Lo Slalom]
Carlovich era un remake del calcio con sperpero, quando negli anni Settanta il calcio si avviava alla concretezza, lui rifiutava la professionalità. Se non si conosce Rosario, si può dire: è romanticismo buono per un tango, una storia da romanzo, invece era quello che più forte faceva battere il cuore sugli spalti. Era un bandito, anzi un auto-bandito, si era esiliato volontariamente dal campo e dall’impiego, non a caso è morto per difendere una bicicletta, come in un film di De Sica o Pasolini, neorealismo argentino, una cosa che non c’è stata, appunto, niente racconta meglio Tomás Felipe El Trinche Carlovich. Per capirlo dovete immaginare il Clint Eastwood della trilogia del dollaro di Sergio Leone, l’epica rosarina che è una cosa che va da Ernesto Che Guevara a Marcelo Bielsa, e poi Redondo e Riquelme ma senza nessun fine, un Best argentino che dribbla perché gli piace farlo non perché deve andare a porta: a lui bastano i tunnel, i gol sono il conformismo. Poi tutto quello che poteva essere e non è regge la letteratura, quella vera, e quindi Carlovich era pura letteratura calcistica. Western, polvere, e il pallone al posto della pistola, la taglia erano le scommesse sulla domanda: stasera gioca? Perché è nel mancarsi che sboccia la fantasia, nel perdersi che si formano le storie, e nel ri-dirsi che continuano a vivere. Il fatto che ci fosse una prova dell’esistenza di un calciatore così era “quasi” un intralcio, tutta la sua biografia era nel non essersi speso che in poche partite, quelle giuste, che avevano alimentato la leggenda, che ora è libera di ingigantirsi a dismisura e correre nel vanto, non avendo più un corpo a contenerla.