Leonardo Sciascia: difformità italiana

Cento anni – di solitudine – dalla nascita di Leonardo Sciascia: una difformità della letteratura italiana, senza eredi, ma ancora presentissimo in libreria e nel dibattito culturale e politico. La sua forza è nelle sue scelte: Sicilia, lingua, scetticismo/pessimismo, pensiero mediterraneo (con Albert Camus), marginalità (apparente), ironia, senso di giustizia.  La sua non è una Sicilia barocca, no, ogni volta sembra farsi deserto, che come diceva Borges è il più grande labirinto del mondo. Bastava poco per annodare e sciogliere, trovarsi e far perdere il lettore. Aveva già tutto: un’isola, e il suo farsi laboratorio del male. Quando scriveva, misurando le parole e il respiro, sembrava dominare la storia, che fosse una sua trama che anticipava la realtà, che fosse la realtà analizzata per poi diventare una sua trama, pareva sempre che tenesse tutto tra le mani e che anche la questione più complessa agli occhi degli altri, per lui, avesse la consistenza della carta velina. Lo scetticismo è l’antidoto contro il fanatismo, per questo non riuscirà mai a entrare in sintonia con le Chiese: Cattolicesimo, Comunismo, Mafia e Scienza; non conosce l’abbandono della certezza, che uccide la libertà. Lo scetticismo è la valvola di sicurezza della ragione. E di conseguenza il pessimismo come chiave di lettura, giustificato con Gogol’: Che colpa ne ha lo specchio se i vostri nasi sono storti? Il pessimismo come avvertimento. Il pensiero della morte, diceva con Savinio, è il pensiero stesso. Allontanandosene, il mondo ha come rinunciato a pensare, ad essere civile: poiché non c’è civiltà che possa esistere se non fondata sul pensiero della morte. E questo pensiero diventa l’opposizione ai mali della realtà: nemico del fascismo era il diritto penale, nemici della mafia i conti bancari, Sciascia aveva capito che il male si combatte con la filosofia e con i numeri che insieme sono la base del mondo: con un piede in Occidente (filosofia greca) e uno in Oriente (i numeri): un Bene concreto e astratto insieme, difficile da coniugare, ma non da ottenere. Per questo la storia è un gioco di errori, di trame perdute e da riscrivere, di calcoli da rifare. La sua è stata una vita semplice, albergata nel matrimonio e nella distanza da tutto. La vita di paese – a Racalmuto – era monacale, dove la riflessione e il tempo dilatato generavano la grande possibilità di scrittura. Di venti anni di insegnamento, quello che ricordava di più era la difficoltà di suscitare interesse nei bambini: bravi in aritmetica, per fare la cresta sui conti, ma tardi e pigri nel resto delle materie, lontane come la luna dalle loro vite. La geografia era legata all’emigrazione: odierà sempre il mare, l’elemento che si portava via i siciliani e che faceva sbarcare gli invasori. Ma oltre il punto dolente delle storie, era capace di trovare la parte comica del male e del potere, e spesso le due cose coincidevano. È il nostro Borges, in comune la Svizzera, questo strano paese alberghiero-bancario, capace di incubare e far progredire la vera grande disparità aristocratica della letteratura, a loro va aggiunto Friedrich Dürrenmatt. La Svizzera rimarrà a lungo l’unico posto a premiare Sciascia, ad accorgersi della dimensione internazionale, coglierne le sfumature, i labirinti e le profezie, essendo più che un paese una invenzione borgesiana capace di riconoscere il simile. Sciascia è un fabbricante di specchi, permette alla Sicilia, all’Italia e al Mondo – si ritrovano  in lui: Montalbán, Taibo, Bolaño, Villoro, David Peace – di guardarsi nella deformazione che diventeranno. Il suo senso di giustizia nasce dall’amore della scrittura: impensabile che una ingiustizia passi per la scrittura, sporcandola. Una condanna a morte è scritta e quindi un delitto doppio. Poi ci sono i processi ai danni dei poveri, con i tribunali della repubblica che sono ancora fascisti. E dopo, con gli studi, arriva l’Inquisizione. Il cattolicesimo come tentazione letteraria. La cui esplicitazione massima è “Todo Modo”. Lo stile di Sciascia viene naturale, ha un retroterra ricco di mondi che si coagulano in righe perfette, rami dritti con piccoli fiori.

foto di Ferdinando Scianna

[uscito su IL MATTINO]

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