1) Il suo inizio per “Romanzo criminale”: «Avrei immaginato che Giuseppucci entra al pronto soccorso, ferito, si fa spazio tra la folla in attesa e dice: tocca a me, m’hanno sparato».
2) Claudio Caligari muore esattamente come l’hanno costretto a vivere: senza voce.
3) Uomo di lago. L’unico regista italiano a dormire nelle stazioni. Rigoroso senza essere elitario, esigente per l’immagine, aristocratico e distante solo con un paio di occhiali da sole. Un universo di disparità che aveva capito Marco Ferreri, chiamandolo un discepolo senza bottega.
4) Nel girato del documentario “Se c’è un aldilà sono fottuto”, guarda sempre in camera: sa che l’attrazione è lui che sta morendo, come se dicesse al cinema «solo ora ti rendi conto che esisto».
5) «A bello su tutte le rote».
6) Quando un cornetto Algida è correlativo oggettivo. Una passione che somma l’apice del piacere nella panna montata con granella di nocciole all’ennesima “svorta”. Poesia che si potrebbe riassumere solo nel lungomare di Ostia o in un verso di Lucio Dalla: «Io che qui sto morendo e tu che mangi il gelato».
7) Joseph Roth delle Borgate. Far morire Michela in “Amore Tossico” sotto al monumento di Pasolini, è come portare a morire il mondo di dopo sul posto dove è morto il suo profeta.
8 ) Per Mastandrea riassumibile come lo Zeman del cinema. Non solo per lo scambio di battute al minimo, ma soprattutto per il modulo scelto, un 433, l’unico accettabile: sempre all’attacco. E se si prende il gol, pazienza. Per questo Caligari resta uno sconfitto, ma mai un perdente.
9) «Un po’ di roba per me».
10) L’invidia di Marco Ferreri che non solo vale più di qualsiasi premio, ma diventa sostegno, economico e morale. Per un cinema che già sapeva mettere ai margini le eccezioni, c’erano ancora registi che mandavano i propri medici con il metadone per l’intero cast del film.
11) Non senza sorpresa, Little Tony si rese conto che la sua migliore interpretazione non era un festival di Sanremo con la telecamera su di sé che lo inquadra, ma “Cuore Matto” ne “L’odore della notte” con la pistola di Marco Giallini puntata contro.
12) Le sue strade erano quelle deserte di notte come gli aveva insegnato Martin Scorsese, senza speranze e disperate per gli ultimi come aveva appreso da Pier Paolo Pasolini.
13) «Er sole, er mare, ‘na bella pera».
14) Pier Paolo Pasolini, Corso Salani e Claudio Caligari. Un tipo di cinema che preferisce il confine della litoranea rispetto alla centralità della capitale. Come a dire: chi vuole fare carriera, va a Roma, chi vuole il regista, resta a Ostia.
15) La realizzazione di “Non essere cattivo” è un motivo in più per volere bene a Valerio Mastandrea – è perfetto per lasciargli cose -un profondo atto di stima e di gratitudine. La sua umanità enorme, e si ripeterà anche con Mattia Torre.
16) Film mai realizzati, produzioni finite nel nulla, sceneggiature rimaste letteratura, senza mai diventare cinema. Tutti i film che a Caligari in vita sono stati negati diventano le migliori opere incompiute come le pellicole impossibili su Napoleone Bonaparte o “La divina commedia” di Dante.
17) «No ‘a Tony, nun se semo capiti. Me devi fà pure er basso: dundun-dundun-dundun-dundun-dundun … un cuoremmatto …»
18) Come il miglior cinema di Luciano Vincenzoni o di Dino Risi, ritagliava le sue sceneggiature dalle storie più tragiche trovate sui giornali. Il cinema italiano nasce dalle colonne di cronaca nera.
19) Morirà esattamente due giorni dopo aver montato “Non essere cattivo”. Il suo addio al cinema e alla vita è l’ultima scena girata nel cimitero di Ostia.
20) Sarebbe stato bello chiedere a Claudio Caligari un parere sulla docu serie “Sanpa”, un mondo che lui aveva portato sul grande schermo per primo in Italia che veniva fuori dall’ “eroina di massa”. Perché lontano dal giudizio borghese, sapeva che la droga era solo un’ulteriore piaga del capitalismo.
21) “Se c’è un aldilà sono fottuto”. Non ti preoccupare, che un Marco – Ferreri o Risi – lo trovi sempre.