Archivio mensile:aprile 2022

Pane spezzato

pane_51313_71956403In questi giorni un grumo di pensieri tiene insieme un verso di Franco Battiato – «La falce non fa più pensare al grano, il grano invece fa pensare ai soldi» – uno del Padre Nostro – «Dacci oggi il nostro pane quotidiano» –, e Alessandro Manzoni che, spiegando la rivolta del pane, chiamava la carestia «la contrarietà delle stagioni». Continua a leggere

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Z, l’orgia della stupidità

ZlorgiadelpotereGeorge Romero avrebbe bestemmiato, il regista Michel Hazanavicius ha obbedito. Il suo film, che aprirà il Festival di Cannes, davanti alle proteste dell’Ukraine Institute ha cambiato titolo da “Z (Comme Z)” a “Coupez!”, perché la Z è diventata il simbolo dell’invasione russa (apparendo sui carri armati, camion, e alcune divise), solo che ci sono gli zombie, e quindi nel film chissà come li chiameranno: *ombi, lombi, Combi (un portiere), sgombri, cosi, o X: almeno fino a quando non ci saranno problemi anche con la lettera X, che a me è sempre parsa troppo ambigua fin dalla sua irruzione nella mia vita alla lavagna della scuola. La lingua, dalla schwa alla zeta, sta diventando un pericoloso percorso a ostacoli: per il momento si coltivano asterischi come fiori, ma tra non molto si rovescerà inchiostro su righi interi, come insegnava Emilio Isgrò, che aveva capito tutto. Anche perché la zeta segna un confine tra l’universo dei simboli e l’inizio del caos, una lettera di confine, ultimo avamposto dell’alfabeto. Continua a leggere

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L’estate di Jacques Perrin e Catherine Spaak

278781328_2233099380177502_4793079285914003638_nLeo Benvenuti diceva: “In fondo la vita sono venti estati utili”. In una di queste, Catherine Spaak e Jacques Perrin recitarono insieme in un film di Florestano Vancini: “La calda vita” (1963). Potevano amarsi, poi no. Perrin affidabile e nostalgico, come sarà per sempre, e la Spaak bellissima ed eterea e per questo sfuggente, lei poi negli anni si poserà, rimanendo bellissima. Con loro ci sono Fabrizio Capucci e Gabriele Ferzetti a formare un quadrilatero amoroso, sulle coste ancora selvagge della Sardegna. Continua a leggere

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Il canone Berselli

cabaret-italia

«Io sono uno che scrive», sì, un giornale intero. Da cima a fondo, primeggiando  in ogni sezione e scrivendo fuori dal canone giornalistico. Perché Edmondo Berselli incarnava il canone berselliano, una strana forma di scrittura che riusciva a raccontare tutto, ma proprio tutto, senza mai annoiare. Ogni suo articolo è un blob che si trasforma: parte fumetto e diventa cinema bordeggiando il racconto passando dal ritratto senza mai farsi sermone e c’è anche la colonna sonora. Portava lo stupore guardando e restituendo i fatti, le persone, le città, la tivù, le partite, i film, il teatro, e via così, in un lungo elenco di cose che ci stava da sempre, ma sembrava che aspettasse lui per rivelarsi. Aveva uno stile unico, generato e non creato da un percorso strano: da correttore di bozze e lettore infinito, come Quentin Tarantino con le videocassette, un apprendistato solitario e fantasioso che annodava mondi lontanissimi. Continua a leggere

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Ennioendo – partitura di contrappunti per “Ennio” di Giuseppe Tornatore

xVoleva diventare medico, a dispetto del padre che pretese un futuro da trombista. Da semplice esecutore divenne unico compositore, da mente scientifica e chirurgica trascrisse la musica della mente umana.

Passo veloce dal corridoio allo studio, addominali, flessioni e respiro. La ginnastica del pensiero e del corpo per arrivare alla perfezione dell’esecuzione dal vivo.

Dormiva nella buca dell’orchestra del padre, con la musica che gli andava in sogno. Come Pinocchio e Giona, anche Morricone trova la sua pancia della Balena.

Solo una volta ha la possibilità di ascoltare Stravinskij, rubato di nascosto al Santa Cecilia, dallo spiraglio di una porta lasciata semi aperta. Un Noodles prima di Sergio Leone, intento a spiare Deborah mentre danza. Continua a leggere

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