Ennioendo – partitura di contrappunti per “Ennio” di Giuseppe Tornatore

xVoleva diventare medico, a dispetto del padre che pretese un futuro da trombista. Da semplice esecutore divenne unico compositore, da mente scientifica e chirurgica trascrisse la musica della mente umana.

Passo veloce dal corridoio allo studio, addominali, flessioni e respiro. La ginnastica del pensiero e del corpo per arrivare alla perfezione dell’esecuzione dal vivo.

Dormiva nella buca dell’orchestra del padre, con la musica che gli andava in sogno. Come Pinocchio e Giona, anche Morricone trova la sua pancia della Balena.

Solo una volta ha la possibilità di ascoltare Stravinskij, rubato di nascosto al Santa Cecilia, dallo spiraglio di una porta lasciata semi aperta. Un Noodles prima di Sergio Leone, intento a spiare Deborah mentre danza.

“Ennio” di Giuseppe Tornatore è un documentario su tutte le lacrime che Morricone ha pianto e non ci ha mai dato modo di vedere.

Salvò l’RCA con un barattolo. Sua moglie Maria – la Madonna – invece salvò lui.

L’unico bravo raccomandato in Rai dalla DC, e infatti si dimette perché la Rai della DC non poteva permettersi uno così.

In ex aequo solo con Stefania Sandrelli, Morricone è l’unico ad aver lasciato senza parole Gino Paoli.

Il contrappunto, la rivoluzione copernicana di Morricone.

Ha colorato la musica leggera italiana che prima di lui era in bianco e nero.

Un innovatore perché non ci pensava, rinnovava parlando al telefono: la musica è quello che facciamo mentre pensiamo ad altro. Mozart aveva il biliardo, lui il telefono.

Dieci secondi di intro per “Ogni volta” di Paul Anka sono come i dieci minuti scritti da Tarantino per “Natural born killers”.

Suonava la tromba per gli americani, si accompagnava a Chet Baker, poi tolse le trombe dai suoi arrangiamenti per non offendere suo padre che cominciava ad andare fuori tempo, e le rimise solo dopo la sua morte.

Enunciato: l’arrangiamento di una canzone può essere uno solo, quello che ho pensato io. Teorema: quando dirà di buttare il suo arrangiamento o la sua composizione, sarà un successo: come per “In ginocchio da te” per Morandi; “Metti una sera a cena” per Patroni Griffi e “Il trionfo della polizia” per De Palma.

Legare il notturno di Beethoven a “Voce ‘e notte”. Più dei supereroi della Marvel, più di Batman, Morricone è stato il nuovo signore delle tenebre.

Per Bernardo Bertolucci era un Charlie Brown, Peanuts con la musichetta.

La frusta, la campana, il fischio, il carillon, il coyote, la chitarra elettrica. Nuovo dizionario western.

Se il destino degli uomini è legato a un filo, quello di Morricone lo è a un fischio.

L’unico uomo che si è sentito dire da Pasolini: faccia quello che vuole. Fu musicista di matrimonio, uno, quello di Gillo Pontecorvo, che per lui era stato ladro di musiche da un film della Cavani.

“Se telefonando” arrangiata mentre andava a pagare il gas. Vuoi vedere che con Putin scopriamo un nuovo Morricone. Scherzo, nemmeno Putin può farcela.

Sergio Corbucci apprezzò particolarmente le musiche per “Il grande silenzio”, film che aveva protagonista il muto Jean – Louis Trintignant. Morricone rispose: “Grazie Sergio, è perché si sente.”

Incolparsi per l’insuccesso di Elio Petri, senza sapere che era tutto merito del conformismo italiano. Poi con la colonna sonora di “Indagine” scrisse il nuovo manifesto della musica da film.

Enunciato: le note non sono importanti, è importante quello che il compositore le fa diventare. I fratelli Taviani diventarono Joe Strummer e Mick Jones che cantano e ballano al ritmo di “Allonsanfàn”.

Vederlo scrivere la musica è come vedere Picasso che disegna il toro.

La gelosia di Sergio Leone, costringe Kubrick a rinunciare a Morricone. Perché si poteva non essere gelosi di Claudia Cardinale, ma di Morricone era impossibile.

Era facile da convincere per accettare un incarico, bastava garantirgli il dominio assoluto. Il rapporto di amicizia con Terrence Malick: scacchi, silenzi e lettere, gradi di separazione necessari per lui in rapporto di stima e indipendenza tra compositore e regista.

La vociaccia che lottava con la melodia, odiandola e amandola, alla fine quella vociaccia era la catena di montaggio della musica migliore del cinema.

Leone sapeva che la musica di Morricone era meravigliosa pure negli scarti, e Zeffirelli zitto sotto. Invece l’Academy parlava e sbagliava, alla fine furono solo due Oscar. Ma i riconoscimenti migliori sono Quincy Jones che ti chiama fratellino, Clint Eastwood che ti fa da interprete e Bruce Springsteen che apre ogni concerto con “C’era una volta in America”.

Tra litigi, incomprensioni e rotture, Morricone ha fatto più fughe dai set di Graziano Mesina dalle carceri.

La sua vita è stata un percorso, cercando un punto di tangenza tra musica assoluta e quella per film. La colonna sonora di “Mission” fu una commissione di Morricone a Dio, con mottetti, indicazioni del Concilio e Indios da battezzare.

Speriamo non diventi una serie – la sua è una lezione muta – piuttosto una compagnia aerea la Morriconarlines: con le assistenti di volo con occhiali in montatura d’osso, gli steward con maglioncino esistenzialista, da maggio francese. E la sua musica, differente a seconda della destinazione.

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