Pensavo ai morti, ai morti di Crotone come ripetono tutti. Ma dire solo “i morti di Crotone” senza nome, senza aggiungere niente, vedendo solo bare, ma non i corpi, non rende l’idea. Dire i morti di Crotone è come dire i pesci di Crotone, è un modo vago di affrontare la cosa, invece bisognerebbe mostrarli quei corpi: una società bambina ha bisogno dell’immagine per darsi la notizia. I morti di Crotone sono tanti, sono anonimi, sono come i pesci. Invece i morti di Crotone sono sangue, sono femori, sono omeri, radio e ulna, tibia e perone, sono occhi, nasi, bocche, mani, capelli. Erano pensieri, sentimenti. Hanno amato, probabilmente. Molti erano bimbi che non sapevano nulla di Piantedosi, della Meloni, di Berlusconi e dei trapianti dei capelli. E sono morti senza pettinarsi, quanti di noi vorrebbero pettinarsi prima di morire? Mica è bello morire senza essere pettinati, o senza che qualcuno ti pettini. Se hai i capelli naturalmente, se non li hai è un passo in avanti verso la morte. Un pensiero di sottrazione per il corpo. Ma noi li abbiamo ancora i corpi? O abbiamo i nickname? I profili sui social? Dove abbiamo le foto giuste, e se paghiamo, Elon Musk, ci mette anche la spunta, ci autentica. Ci dice che siamo veri. O lo certifica Mark Zuckerberg se non sbagliamo parola, se righiamo dritti. E se la differenza fosse tra pettinati in foto e corpi senza il tempo di pettinarsi? Ha avuto il tempo di pettinarsi Shahida Raza? Aveva il velo sulla testa o no? Shahida Raza, che tutti piangono, un nome tra i morti di Crotone. Nazionale pakistana di hockey. Shahida Raza, ma non sarà che la piangono solo perché aveva un ruolo? E allora un occidentale è pronto a immedesimarsi, dal momento che la può immaginare mentre giocava, può darle una biografia. Aveva un posto nella nazionale di un paese da cui stava scappando, di cui probabilmente non condivideva nulla. Giocando regalava un po’ di corpo a chi la guardava e a chi legge ora della sua vita. C’entra sempre lo sport, sì. Perché era sicuramente l’eroina di una bambina o di bambino che adesso non sanno dove sia finita, di una bambina o di un bambino che a loro volta hanno un corpo e vorrebbero utilizzarlo nell’hockey. E non sanno se ci riusciranno. E può darsi che questa bambina o questo bambino dovranno anche fuggire da un’altra guerra, un’altra dittatura, per scappare e morire a loro volta nel Mediterraneo. Perché tanto il Mediterraneo è diventato semplicemente questo, no? Un posto dove si muore. Ormai tutti ripetono, come i morti di Crotone, “il Mediterraneo è un cimitero”. Chissà cosa penserebbe Predrag Matvejević a sentire notte e giorno che il Mediterraneo è un cimitero. Ma il Mediterraneo non è un cimitero, è un mare, e un mare contiene la vita, e la vita è il contrario della morte e quindi un mare non è un cimitero. E la cosa peggiore che può fare un essere nella vita è di lasciarsi morire. È un corpo Cospito che scommette sulla morte per non avere più paura, per poter dire come Goffredo Parise che l’erba è verde, e il mare è il contrario della morte. L’hanno deciso le banche che il Mediterraneo è la morte, ma la natura ha deciso che il mare è vita in movimento. Persino le balene, come racconta Morten A. Stroksnes, quando muoiono in mare diventano un mondo che dà vita a un altro mondo. Le balene che muoiono sono tipo gli autogrill per i pesci, che passano e prendono un sandwich di balena, senza pagare per giunta, chiamano a casa, vanno in bagno, dicono ad altri pesci, che ce la stanno facendo, il viaggio sta andando bene. Baci dall’autogrill Balena Bianca. Anzi per fortuna, c’è una balena, altrimenti sarebbe tutta una via dritta, e pure scura, il mare. Dove però la morte diventa vita. Piantedosi non lo sa perché è un uomo di terra, immobile, e perché lui non è un corpo, ma è lo stato. E lo stato non ha vita ma palazzi, e i palazzi non sono corpi ma strutture, anonime, con scrivanie, sedie e i Piantedosi. Sembra il nome di un popolo che vive nei palazzi, i Piantedosi. Un popolo di non corpi che occupa i palazzi e forma lo stato. Un astrattismo che avvolge e non nutre, come una balena costretta sempre a vivere mangiando i pesci piccoli, che siamo noi, che non abbiamo corpi, ma profili social, con foto dove siamo pettinati e spuntati da Elon Musk. Infatti l’Italia è un paese vuoto che si riempie di corpi di morti.
[la tavola è di Don Brown da “Drowned City: Hurricane Katrina and New Orleans”]
Tristemente d’accordo