Archivi categoria: Hitch 22

Bene, se mi dici che ci trovi anche una critica in questa storia

95930570_3491281564222347_1681897854399938560_nLeggendo di seguito tutte le interviste date da Carmelo Bene in vita ho avuto l’impressione che invocasse la critica come un papa fa con Dio, forse perché aveva servito «un’infinità di messe». Sembrava ne avesse un bisogno fisico, che la sentisse sorella, madre, sposa, lui che era un cattivo fratello, non era stato poi un bravo figlio e nemmeno un marito modello. Che, insomma, Bene, riconoscesse alla critica il ruolo che oggi non ha. Quasi ne sentisse l’assenza sul palco, come se gli venisse a mancare la voce, un braccio, una gamba, un occhio. Certo, la voleva anche al servizio, al seguito, poi no, la desiderava schiava ma imparziale, vicina ma distante, un ossimoro in movimento. Voleva essere analizzato, capito, raccontato. Lo pretendeva. Ne parla sempre, sempre. In ogni intervista. La invoca, la blandisce, qualche volta la riconosce persino. In pochi momenti, grazie ai francesi, sembra anche contento, fuggevolmente. Continua a leggere

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Vladimì, fai meno

Santissimo Vladimiro, la faccia mia – ma soprattutto quella di Molinari – sotto i piedi tuoi, ti scrivo per dirti: e che è? Basta, e che miseria. Kiev, Mariupol, Odessa, Kharkiv, Cherson. Hai fatto troppo. Eravamo rimasti che era una cosa per spaventarli, e invece te mise a fa st’ammuina? Il mio appello più che umanitario è un appello di sopravvivenza: hai idea di che vuol dire passa’ n’ata jurnata a senti’ Giletti ca’ ‘uerra ‘ncapa che cita Buzzati, Roberto Saviano che parla di mafia russa co’ Mohylevyč che ha pigliato ‘o posto dei casalesi, Paolo Mieli con la maglietta della Nato che dice di entrare in guerra, Orsini che te ti dà ragione piangendo davanti alla maglietta di Mieli, la gente non campa più: conosco giudici che invece ‘e scrivere ‘e sentenze fanno gli inviati di guerra, no che Kiev, dal salotto. Continua a leggere

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Morselli, disturbatore della quiete editoriale

2Due vite, un solo corpo a dividerle. La prima: reale, spesa a scrivere e ad essere rifiutato. La seconda: trasposta, che aleggia fra consensi e trionfi. La normalità e il sogno. L’ufficiale e il saggista. L’agricoltore e lo scrittore. Guido Morselli è stato il muro che le spaccava in due, che lo separava dai suoi desideri, fino a quando non ha puntato una Browning alla tempia e ha fatto fuoco, notte fra il 31 luglio e il 1° agosto del 1973, «non ho rancori». Dopo, purtroppo, è stato tutto più facile. In precedenza ha saputo da solo per trent’anni di essere un grande scrittore, non avendo trovato nessun editore disposto a pubblicare i suoi libri. Che il suicidio sia venuto o meno dalle chiusure e dai rifiuti delle grandi case editrici italiane non ha importanza. In seguito l’hanno scoperto in molti, ma il dramma si è consumato prima, nell’attesa. Continua a leggere

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The last urchin

1124788_AurelioDeLaurentiis_DannyDeVitoNIAF2010Danny DeVito lo sa, quando Aurelio De Laurentiis lo convoca a casa sua a Los Angeles vuole una mano cinematografica, dietro la mozzarella, gli spaghetti, e i vini italiani c’è la ricerca di una complicità che ha solo con lui. A volte gli serve un parere, altre ha bisogno di una spinta o un conforto e basta un: fallo, e raramente scatta il facciamolo, pericolosissimo agli occhi di DeVito perché sa che se l’amico Aurelio è meraviglioso, il produttore De Laurentiis è esigente come il sergente dei marine di “Full Metal Jacket”. Continua a leggere

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Lettera a un presidente mai nato

CbADnLdWcAAlvaaDopo aver letto sull’Espresso le lettere degli intellettuali italiani rivolte al futuro Presidente della Repubblica, voglio scrivere un breve messaggio all’uomo che può e deve portare l’Italia fuori dallo stallo: Antonio Cassano. Una scelta concreta che non trova ragione solo nel suo coraggio per come ha affrontato ogni addio dalle squadre che lo avevano ingaggiato, nelle fughe, nel suo poco attaccamento al lavoro e nella capacità di sfanculare chiunque senza timore reverenziale – dagli allenatori ai presidenti, senza dimenticare dirigenti, compagni, massaggiatori, avversari, arbitri, guardalinee e tifosi – ma soprattutto per l’informalità che adotterebbe per il ruolo istituzionale, eliminando la distanza tra il Quirinale e il popolo italiano, preferendo sempre la pelliccia alla protocollare giacca con cravatta. Continua a leggere

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