
Padrino, don’t preach

Un albero genealogico oscuro e infestato, ecco “Il volontario” (66thand2nd, traduzione di Michele Martino) di Salvatore Scibona, scrittore italo-americano con sulle spalle il difficile compito – affidatogli dalla critica americana – d’essere la continuazione naturale di Don DeLillo. E, consciamente o inconsciamente, il suo secondo romanzo – dopo “La fine” (2010) – sembra smarcarsi anche da questa eredità, lavora sull’Io, su quello che c’è prima e dopo i nomi, le famiglie, in uno scavo identitario nel maschio americano. Ma tranquilli non è una seduta di psicanalisi, no, Scibona mescola letteratura e cinema, azione e riflessione, bordeggia abbandono e senso di responsabilità senza l’investitura epica di Cormac McCarthy, ma giocando a scovare le ambiguità, a puntellare le occasioni mancate, minando il machismo americano: abbiamo due sergenti, due reduci, uno dal Vietnam e uno dall’Afghanistan, Continua a leggere
Bruciò la cartolina illustrata
dell’America
tenendola per mano
durante la celebrazione degli assenti
la vistosa decadenza
che spuntava dalle fiamme
turbava la quiete pubblica
tra un sandwich e una Coca-Cola Continua a leggere
È il migliore, non il più grande. Tom Brady è il quarterback – gioca nei New England Patriots – più intelligente, più scaltro, più motivato e vincente della storia del football americano, ma non è il più grande, perché privo di pathos. È una Serena Williams rovesciata – perché bianco – che colleziona record e vittorie, mette in fila Super Bowl e rimonte, ma non riscalda i cuori. Continua a leggere
Rimase immobile a guardare la mano che afferrava l’ananas, mentre diventava sempre più distinta l’immagine per anni rimossa. All’improvviso, in un supermercato della provincia americana, poteva sentire echeggiare i rumori del campo, gli ordini nella sua lingua madre e l’abbandono della condanna. In mezzo a una costellazione luminosissima di banchi e scaffali, c’era solo quella mano che teneva l’ananas: in un sostanziale allineamento tra ricordi. Continua a leggere