Archivi tag: Cagliari

Gigi Radice: l’allenatore che sentiva fischiare i gol

Aveva gli occhi di ghiaccio e la faccia da imperatore romano. Un po’ Bruto, molto Cesare. Era un grande stratega, Gigi Radice, misuratissimo e ineccepibile, e non per questo privo di poesia. Un ermetico. Uno che venendo dal calcio di Nereo Rocco seppe guardare a quello olandese (la squadra di Cruyff del ’74), pressing in ogni parte del campo, fuorigioco, squadra alta, ruoli intercambiabili con marcatura a zona, e alla frenesia dei cestisti di basket che gli saltavano sotto gli occhi tra Milano e Varese, e il risultato fu la vittoria dello scudetto col Torino nella stagione 1975-76, cui seguirono secondo, terzo e quinto posto. Continua a leggere

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Ventura tra De André, Nietzsche e Calà

In un percorso da scavo archeologico, l’Italia ha scelto prima l’erede e poi il patriarca, prima il ragazzo che aveva capitalizzato e poi il vecchio che invece ancora sperpera. Dalla seriosità di Antonio Conte si passa alla libidine di Giampiero Ventura: «Sono stato il primo a giocare con il 4-2-4, a Pisa e Conte è stato onesto ad ammettere che si era ispirato a me». Continua a leggere

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Il fabbricante di specchi

Massimiliano Allegri è un felino che morde educatamente. Uno dai piccoli gesti, e dalle grandi intuizioni. Come alla vigilia della semifinale di Champions, quella contro il Real Madrid, scelse Sturaro, ed ebbe ragione. «Il momento migliore sono le sette e mezzo del mattino. L’ora per contraddire me stesso». Un tattico che dice di non crederci. Continua a leggere

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Non bisogna farsi ingannare dalle etichette

Disteso con innata lascivia sulla sua poltrona, sorseggiando l’immancabile whisky come Yanez l’ennesima sigaretta, il trainer del Cagliari Manlio Scopigno ripassa su un Bignami la storia della filosofia. È o non è l’allenatore filosofo? Non porta maglioni dolcevita che più esistenzialisti non si può? E allora: tutto scorre, anche il migliore dei single malt. L’uomo è la misura di tutte le cose, il cocktail ne è la mistura. Nulla è, perché se anche qualcosa fosse, non sarebbe conoscibile: e se pure fosse conoscibile, non sarebbe comunicabile. Se poi fosse comunicabile, magari non ce ne fregherebbe niente. Per questo Scopigno parla per enigmi, o per sofismi. Una volta ha rivolto un’aspra censura all’arbitro Lo Bello: «Lei ha sbagliato la fenomenologia» (fra i denti però, dopo una opportuna epoche, aveva aggiunto meno filosoficamente: «coglione!.  Continua a leggere

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Estetica di Hegel, terzino

zOgni allenatore ha bisogno che la squadra sia sua, senta la sua voce, esegua i suoi ordini: moduli e schemi, che gli appartenga. Poi c’è Zeman il cui bisogno principale è che la squadra si fonda con lui, diventi una sola cosa con se stesso; questo è successo solo quattro volte e mezzo nella sua lunga carriera: Foggia, Roma, Lazio, Pescara e un po’ col Lecce. Il resto, sono stati tentativi di ricerca e identificazione non riusciti, per tempo, ambiente, uomini. Continua a leggere

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