Dino Zoff è la dimostrazione che no, in porta non ci vanno solo i grassi ma anche i giusti. È la dimostrazione che il portiere non si siede mai, nemmeno quando tira Magat. Perché ci sono calciatori jukebox che durano una stagione, e uomini come Zoff che possono coprire i secoli. Perché ora che quando le palle rimbalzano i portieri le mandano affanculo, lui no, restava fermo, e infatti adesso dice: «se mi esultassero davanti sti ragazzini li strozzerei». È Zoff non è la playstation, ci vuole Martellini non Caressa, è un altro mondo, e il rimpianto vale solo nel calcio, che è religione, e io le capisco le guerre, sì, di curva. Perché Zoff quando allargava le mani stringeva gli occhi e ci diceva a tutti: «ci sono, anche stavolta». Il calcio era regole severe se andavi in porta e non perché eri grosso era perché potevi urlare agli altri, o stare zitto come faceva Zoff, che bastava guardarsi e guardarli, e nessuna porta è uguale a un’altra anche se hanno la stessa misura, perché cambia la vista, e ci vuole classe per starci, non basta una divisa colorata, devi metterci la faccia, e la forza, come quella di dimettersi per un giudizio avventato, imbarazzante e nemmeno autorevole, di chi ha fatto delle superficialità un modello. No, a Zoff se proprio devi criticarlo non basta una battuta, e prima di cominciare a parlare ci vuole una lunga introduzione da libro Adelphi. Continua a leggere →