Archivi tag: ciclismo

Fossati: cento anni di ebbrezza

mariofossatUna notte, in treno, Fausto Coppi, tornando dal Tour che aveva perso, disse al cronista, e prima amico, Fossati: «Caro Mario, ricordati: nella vita si ottiene tutto prima o poi. Ma tardi e male». C’è tutto Coppi in questa frase, e tutto Fossati, uno straordinario testimone dell’Italia sportiva e non: migliore in assoluto. Restituita con un linguaggio moderno, limpido, perfetto. Continua a leggere

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Laurent Fignon: il ciclista con gli occhiali

Voleva essere un veterinario – come Marco Ferreri – ma poi ha preso a pedalare, cominciò con “Pédale-Combs-la-Ville”: prima gara, prima vittoria. Poi vennero due Tour de France (1983 e 1984) e un Giro D’Italia (1989) e un mucchio di altre gare, era quello con gli occhiali d’oro – come un racconto di Giorgio Bassani – e il codino da hippie. Non era uno travestito da artista, ma un artista vero. Continua a leggere

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Pedalate come stagioni

svanisce la vita nuotando

nessuno sponsor sulla maglia

le vecchie bici in garage

consumate dall’altro sale Continua a leggere

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Fausto Coppi: voci, lingue, facce per una macchina unica

Comincia la madre, e dopo vengono su le altre voci: il padre, il fratello, gli avversari, i maestri, i gregari, le spose, i figli, i meccanici e via così, un coro, come una corsa in bici che attraversa il tempo e i paesaggi e dove ognuno fa la sua parte, e poi il campione vince e alla fine parla. “Il suo nome è Fausto Coppi” (Einaudi) di Maurizio Crosetti, è un incastro, un romanzo a tappe e facce e lingue e storie che ricostruisce quella del Campionissimo. È come se lo montassero un pezzo alla volta, di bici e corpo, fino a formare una cosa sola, una macchina non bella e nemmeno perfetta ma unica, che crea una intimità mitologica: quella con la Storia. Una catena di parole e sentimenti che ripercorrono i fatti e mettono ordine in una vita esposta, che prima si conosceva a memoria, e di cui oggi arriva una eco stinta. Continua a leggere

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Fognini: l’ultimo tra i dissipatori indolenti

Caratteristiche degli italiani nella versione “geni chiusi nella lampada” che lasciano uscire solo sporadici e improvvisi segnali di fumo: accentuato narcisismo fino alla creazione di giornate no; vette di isterismo capaci di demolire anche il più innamorato degli ammiratori; tecniche varie di dissipazione con grande autorità nel calarsi in pozzi di sconfitte e angoli morti; una idea lunare del proprio sport o arte; e l’indolenza come categoria sovrana; a margine per le interviste singole o collettive l’ammissione di debolezze varie, vizi privati che non diventano pubbliche virtù, scorci di conflitti familiari veri o presunti, un possibile orizzonte meraviglioso lasciato agli altri per eccesso di egoismo verso se stessi, intorno: sudore, speranze – deluse in larga parte –,capacità eccelse e partite persino memorabili, in fondo in fondo a fare due conti: qualche vittoria, significativa, se capita. Continua a leggere

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