Archivi tag: Curzio Malaparte

Corpus Pasolini Nostri

Mario Tursi - fotoIl corpo di Pier Paolo Pasolini – come solo quelli di Aldo Moro e Benito Mussolini – è ancora presente tra gli italiani, come pure il suo corpus. Tanto che possiamo distinguere tra cultori del suo corpo/carne – quelli che trafficano in figurine e ne fanno un santino – e i cultori del suo corpus/carta: i cercatori d’opera. Anche se Pasolini, il suo corpo e il racconto dei corpi stanno al centro del corpus, quindi si crea quello che potremmo chiamare “caos pasoliniano”: una confusione di carne e parole. Tutta la letteratura è distinguibile in scrittori-corpo – come Curzio Malaparte, dove l’immagine si sovrappone all’opera – e scrittori corpus – come Roberto Calasso, dove l’opera supera l’immagine di sé – solo per stare al secondo Novecento italiano; nel caso di Pasolini abbiamo uno scrittore corpo&corpus con una commercializzazione del suo corpo che lotta con la radicalizzazione della sua opera. Continua a leggere

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Massimo Fini: antologia di un altro mondo

2971075Massimo Fini è uno dei pochi temporali giornalistici che hanno attraversato l’Italia. Per capirlo basta leggere o rileggere la sua recente raccolta che mette insieme reportage e interviste: “Il giornalismo fatto in pezzi” (Marsilio) e che pezzi, quasi tutti impensabili oggi, soprattutto per il tempo speso dietro gli intervistati o nell’andare a cercare le storie. Quello di Fini è un tempo lontano e dilatato, un tempo «a fondo perduto» come gli dice Oreste Del Buono che già negli anni settanta aveva capito che ne rimaneva poco per pensare e quindi per scrivere per bene. Oggi si perdono i lettori e non si insegue la qualità, evidentissima nella raccolta, ci sono alcuni “pezzi” altissimi come il reportage tra i contadini pugliesi dopo il rapimento di Aldo Moro che ne disegnano già la beatificazione senza sapere del martirio che sarebbe arrivato dopo; c’è una Milano perduta e non più riedificabile dell’editoria feltrinelliana intrisa di utopia e ricerca, dei bar di Jannacci e Bianciardi, e dei perditempo come Del Buono che hanno regalato ad editoria e giornali idee che oggi ancora si copiano; Continua a leggere

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San Gennaro e il grande freddo

Domenico Rea diceva che il popolo napoletano era stato così dentro la storia e così maltrattato, deriso e beffato, che ha finito per uscire dal tempo, creando una città-nazione eterna, dove la legge va da San Gennaro alla cabala. Appoggiava questa visione a Kierkegaard che descriveva l’uomo religioso come estraneo nel mondo e nel tempo, e poi ci metteva Dante come pietra definitiva: «Fede è sustanza di cose sperate e argomento de le non parventi, e questa pare a me sua quiditate». Continua a leggere

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Valentino Rossi: maleducazione creativa

A quarant’anni continua a giocare con i suoi giocattoli, Valentino Rossi, che è poi quello che vorremmo fare tutti noi, rimanere indisturbati nella nostra stanzetta. Ma prima o poi qualcuno ci tira fuori: un Pallotta o uno Spalletti come è successo a Francesco Totti; perché l’eroe non è più giovane e bello, ma bambino. Dentro. Non vuole responsabilità né rischi o regole, vuole solo fare quello che gli pare. Continua a leggere

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Trasmettiamo: Pietro Nenni raccontato da Edmondo Berselli

Poi arriva, inopinata, la complessità. Dopo anni di mamì e mamù da una parte e dall’altra, Pietro Nenni riesce finalmente a mettere il becco nella stanza dei bottoni, e appena ne ha facoltà comincia a premere bottoni uno dopo l’altro, come se non avesse mai desiderato nient’altro nella vita. Confiderà in seguito, per spiegare come la politica fosse più complicata di quanto non avesse immaginato: «Io i bottoni li premevo, ma vacaputàna non succedeva niente». E magari, uscito dalla stanza, gli avevano pure fregato il basco. Continua a leggere

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