Archivi tag: David Foster Wallace

Kobe Bryant: Fellini gioca a basket

kobe-bryant-1200Tra la via Emilia e l’Nba, su un campo di piastrelle, Do the Right Thing e Amarcord, Fellini e poi Spike Lee, prima i campi – la tabula rasa gucciniana – e le strade antiche marcate ai bordi dalle fantasie di un duomo, Giuseppe Verdi e la nebbia poi il rap e i grattacieli, perché Kobe Bryant era l’America in casa, che da Rieti a Reggio Calabria alleva il bambino che poi a Reggio Emilia sogna di diventare grande, s’immagina lontano guardando il padre Joe da vicino, su campi meno luminosi, senza Dream Team, ma con gli insegnamenti italiani: «A 11 anni ero il più alto della squadra, ma gli allenatori ci dicevano: se volete imparare a giocare a basket, dovete imparare a fare tutto. Nessuno ha mai pensato di farmi giocare da lungo perché ero alto. In America? Se sei alto ti dicono giochi da lungo, se sei piccolo ti fanno fare il play. Se sono diventato un giocatore completo, è perché sono cresciuto in Italia».

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Leone: C’era una volta e niente sarà come prima

Senza nome«C’era una volta in America c’est moi», la formula pronunciata da Gustave Flaubert per “Madame Bovary”, fu usata da Sergio Leone per il suo film Odissea, pieno di riferimenti alla letteratura francese, da Guy de Maupassant a Marcel Proust, parafrasato da Enrico Medioli – uno degli sceneggiatori – in una delle battute cult del film: «Sono andato a letto presto», risposta alla domanda divenuta titolo del libro di Piero Negri Scaglione “Che hai fatto in tutti questi anni” (Einaudi), che Fat Moe rivolge a Noodles. Continua a leggere

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Odi d’estate

Senza nomeAnni fa sotto gli ombrelloni c’era il sudoku, adesso in poltrona c’ è il taekwondo. L’estate pretende esotismo.

Cantagiro, Miss Italia, Festivalbar, Italicus, Ustica, Bologna: l’Italia ha avuto sempre i suoi tormentoni.

Lo stato di sofferenza della democrazia in Italia era già tutta nella foto di Aldo Moro al mare in giacca. Continua a leggere

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L’ultima cena del principe della zolla

Le ultime parole scritte da Giovanni Luigi Brera, nato l’8 settembre 1919 a San Zenone Po, furono per Ambrogio Luigi Pelagalli da Pieve Porto Morone. Era la sera del 19 dicembre del 1992 e al ristorante il Sole, a Maleo, si erano visti, Brera c’era andato a mangiare il ragò d’oca, con convocazione del Pelagalli a metà cena e dopo la chiacchierata si era scritto sul taccuino che avrebbe dovuto parlare dell’ex calciatore del Milan di Rocco a Braida e Galliani. Come accaduto al tennista Michael Joyce con David Foster Wallace erano annodati per sempre da uno scritto. Continua a leggere

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Sergio Claudio Perroni: l’arte della sottrazione

Era un uomo duro, che poi si scioglieva, scrivendo, raccontando. Mi fu presentato da Amleto De Silva, a Salerno, una sera di qualche anno fa, non mi ricordo che libro presentasse, e non voglio guardare né contare i giorni, perché mi ricordo che ci sfidammo a comporre una antologia dei salvabili dallo schifo che sono i cataloghi delle case editrici oggi, cominciammo a cena e continuammo durante la presentazione, con lui che si alzava e veniva a dirmi i suoi, e viceversa. L’ultimo, che scelsi io, e che lui doveva approvare, era quello l’accordo – non bastava proporre dovevamo convenire insieme – fu Guido Morselli Continua a leggere

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