Archivi tag: Dostoevskij

What a Wonderful World

275811681_712100899791118_7555198102833491622_nZelens’kyj pensa al grande futuro dell’Ucraina, divisa in quattro grandi serie: Netflix, Prime, BBC e HBO.

Se Obama per Clint Eastwood era una sedia vuota, Biden corrisponderà a un divano a tre piazze.

Per Putin vale la regola dell’oligarca: quando voi ancora mangiavate con loro le tartine, noi avevamo già ordinato la quarta vodka, urlando merda. Continua a leggere

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Nori: dei fatti suoi, nostri e di Dostoevskij

s-l1600L’unico scrittore italiano che quando racconta i fatti suoi non mi annoia è Paolo Nori. Se poi oltre i fatti suoi mi racconta anche quelli di Fëdor Dostoevskij, allora sono ancora più contento. Credo che sia tutto merito del come scelga certi fatti suoi e come li usi per raccontare i fatti di Dostoevskij e viceversa, tanto che scrivendo una specie di romanzo che è anche una specie di biografia dello scrittore russo – sanguina ancora. l’incredibile vita di Fëdor M. Dostoevskij  (Mondadori) – sembra che tutto combaci, che Dostoevskij sia vissuto per farsi raccontare da Nori e dargli la possibilità di raccontarsi. Che poi la letteratura è questa cosa qua: gente che racconta i fatti suoi, inventati o meno, quelli che ha in testa e quelli che ha davanti o alle spalle, con un certo ritmo, meglio se incrociando più piani. Continua a leggere

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Scrittore corsaro, editore pirata

«Napoleone è stato un grand’uomo soltanto per il fatto di aver ordinato di fucilare un editore». Mi è venuto in mente in un bar di Montevideo quando uno di loro mi confessò di aver fatto stampare diverse edizioni pirata del mio libro Mai più pene né oblio. Me lo disse sul far dell’alba, dopo che avevamo bevuto diversi bicchieri, di fronte a un vecchio libraio e a due scrittori amici. Gli unici sorpresi dalla sua audacia furono gli scrittori, che lo credevano una persona rispettabile. Continua a leggere

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Mosca-Petuškì. Poema ferroviario

722586_468Nell’inverno del settanta, Venedikt Erofeev (1938-1990), il più dispari degli scrittori russi, prende il treno delle 8 e 16 da Mosca per Petuškì – proprio perché era proibito andarci – e ne viene fuori un libro: “Mosca-Petuškì. Poema ferroviario” (tradotto dallo scrittore Paolo Nori per Quodlibet, pp. 216, euro 15) che torna per la quarta volta in italiano. «Lo sa il diavolo, con che genere letterario arriverò a Petuškì». Continua a leggere

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Padre Pio Town

Il suo miracolo vero è aver fatto di sé una dimensione geografica. Le persone non dicono sono o vado a San Giovanni Rotondo, ma sono o vado a Padre Pio, come se fosse una città e non un santo e prima un uomo. La lingua è nazione, oltre che anima. In questo caso spia della prima città nata come estensione di un corpo, figlia della nostalgia e di un forte sentimento di contiguità con la santità e la sua forma terrena riconosciuta nel cappuccino di Pietrelcina – secondo i fedeli e la Chiesa –, che si va ricostruendo con immagini e video nelle case degli italiani e su YouTube, e che si materializza nelle statue di Padre Pio deposte per le strade del mondo: qualcuno prima o poi le conterà e ne farà una mappa alternativa – della fede e di San Pietro. Gli uomini e le donne che vengono qua sono sì fedeli ma anche e soprattutto montatori di un grande unico film, che ha lo scopo di far esistere Padre Pio Town, seppure inconsciamente, dove il santo vive in continua contemporaneità con i suoi fedeli. La sceneggiatura ce l’han messa i frati, allestendo un santuario che è corpo e ricordo, faccia e pensiero votati a quando c’era LUI, il resto – il film – è venuto da sé: con le macchine digitali e i telefonini con telecamere. Milioni di comparse e di registi. È la religione dei polpastrelli che si manifesta con i pixel. Ma questo lo capiranno fra un po’ di tempo, se provate a chiedere perché invece di pregare scattano foto o riprendono la cella e la fila per arrivarci non sanno rispondere, qualcuno che è più avanti molla un: «per condividere». Continua a leggere

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