Lungo, sinuoso, il negro, stava in piedi sulla tavola da surf, e sembrava guidare gli altri. Una apparizione. In bilico sulle onde, c’era quella che poi venne chiamata la prima ondata migratoria in surf. Stavano piantanti sul mare, nero su blu. Noi, a Lampedooza, pensammo: è come respirare in mezzo alle lacrime; loro, invece, ridevano, a proprio vantaggio. Era la grande trovata della gioventù africana, e nessuno sapeva come avevano appreso il surf che li aveva emancipati dai barconi e quindi resi liberi in mare come in terra. Il surf creava una anomalia, spostava tutto. Continua a leggere →
Il salto di Lampedusa (nel video) è considerato come il richiamo forzoso della natura, è detto anche salto di Ben o delle forze animali. È una azione che esiste da secoli in natura, dove ogni corpo può subire (e deve subire) una spinta portante che lo costringe a saltare. Se questo avviene davanti ad altri della stessa specie è anche un passo in avanti per effettuare il salto con cognizione, quando verrà richiesto. È divenuto obbligatorio solo negli ultimi anni, in prossimità dei confini o passaggi di specie (vengono indicate così questi territori di salto), e l’azione è denominata anche esonero di zona. Tutto cominciò con i cani messicani che costrinsero altri cani messicani alla forzosità del salto, in quel caso era un dislivello terroso. Nell’azione c’era la volontà di ribadire la supremazia del territorio di sopra su quello di sotto. Poi i casi registrati sono aumentanti, fino a raggiungere il genere umano. Per molti ricercatori l’atto è un utile modello di valutazione della civiltà e delle sue forme, c’è persino chi dice che senza il salto forzoso non può nascere la civiltà, altri invece sostengono che il salto determini proprio l’allontanamento dalla civiltà. Le zone di intrusione ed evasione rappresentano anche il confine tra posti avanzati (almeno in apparenza) e posti non avanzati. La modalità è davvero semplice, in riferimento agli ultimi anni: il corpo che prova a violare il territorio avanzato riceve una spinta che lo costringe al salto pari alla distanza che l’ha condotto dal suo paese al luogo di respingimento. Non vi ingannino le immagini, le figure che saltano e quindi fuggono, dopo aver creato tumulti e rivolte, devono per forza, subire questo percorso, è la loro crescita, e anche la testimonianza ai loro simili del ciclo da compiere. La sparizione dopo il salto, invece, e la conseguente immobilità di testimoni e attori che hanno spinto al salto, appartengono al silenzio, che è del tempo che viviamo.