«Sono quello con la racchetta». Rispose a Gianni Brera che gli chiedeva come poteva riconoscerlo all’appuntamento che si erano dati in galleria a Milano. Era una Dunlop Maxply, la racchetta con la quale Rod Laver realizzava il suo secondo Grand Slam. Perché Gianni Clerici, come i veri grandi scrittori – prestati o no allo sport –, stava nei dettagli, che dall’erba diventavano la Foresta Amazzonica, amava il racconto dove ribattezzava uomini, flora, fauna, tennisti, montandoli in musica, con piacevolezza, classe e umorismo tenendo insieme Oscar Wilde, Bernard Shaw, Evelin Waugh, tanto da considerare il “Gruppo 63” un sindacato. Quando venne inserito nell’International Tennis Hall of Fame (l’altro italiano è Nicola Pietrangeli, l’unico “grande” battuto da Clerici) Continua a leggere