
Annunciazio’, Annunciazio’

Per amare Sarri bisogna avere meno di diciott’anni come per leggere Nietzsche; Gattuso, invece, si può amare anche da vecchi, perché non promette prese di palazzo né rivoluzioni, ma “solo” qualche “titulo”. L’altra sera, dopo una partita scialba dove il Napoli era più squadra della Juventus giocando in modo allegriano, si sanciva il vero definitivo passaggio da un comandante all’altro, con la messa in soffitta – in massa – del sarrismo, dopo il passaggio troppo breve e senza “tituli” di Carlo Ancelotti. Continua a leggere
Nel vuoto dell’Olimpico Gianluigi Buffon si è sostituito alla telecronaca – i giocatori del Napoli sembrava non tirassero in porta per non distrarlo –: urla, che venivano dal passato, dai campetti, e, ordini, che disegnavano il futuro in modo selvaggio. Un sound che teneva insieme la vetta delle sue ambizioni e la fossa delle sue paure. Non se ne è accorto, ma stava già allenando. Surfava tra schemi, in un campo ridotto all’intimità dalle assenze sugli spalti. Per larghi tratti di partita ha ricordato Silvio Orlando che in Palombella rossa, intimava, ossessivo, ma sul bordo di una piscina: «Marca Budavári, marca Budavári, marca Budavári». Sostituendosi e/o affiancandosi alle parole e ai pensieri flebili di Maurizio Sarri. La voce disegnava la sua panchina, anche se Buffon continuava a preoccuparsi della partita. È probabile che lo abbia sempre fatto, non sentito, coperto dalle urla dei tifosi, o che, come Zoff, seguisse le azioni declamandosele dentro, per non perdersi il pallone, per non distrarsi, ma, ora, non si può più nascondere: l’abbiamo sentito. Prima lo vedevamo soltanto. Ora c’è il sonoro.
[uscito su Lo Slalom]
Quando stai male è importante dove e soprattutto con chi sei, per questo Gianluca Vialli ha accettato di diventare capodelegazione della Nazionale italiana: per sentirsi giovane, respirare l’effimero che diventa questione vitale, e rendersi utile in un mondo che conosce bene. Ritornando al fianco di Roberto Mancini Continua a leggere