Archivi tag: Leo Benvenuti

L’estate di Jacques Perrin e Catherine Spaak

278781328_2233099380177502_4793079285914003638_nLeo Benvenuti diceva: “In fondo la vita sono venti estati utili”. In una di queste, Catherine Spaak e Jacques Perrin recitarono insieme in un film di Florestano Vancini: “La calda vita” (1963). Potevano amarsi, poi no. Perrin affidabile e nostalgico, come sarà per sempre, e la Spaak bellissima ed eterea e per questo sfuggente, lei poi negli anni si poserà, rimanendo bellissima. Con loro ci sono Fabrizio Capucci e Gabriele Ferzetti a formare un quadrilatero amoroso, sulle coste ancora selvagge della Sardegna. Continua a leggere

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Cerasa e guera nun fa primavera

16bc7158a8bcee7922f909fb5e515d95Ogni volta che un italiano parla di guerra si dovrebbe prima ricordare di Alberto Sordi. Se poi è un direttore di giornale allora tripla razione di Alberto Sordi. Prendo solo l’ultimo, Claudio Cerasa, del Foglio, che parla di metodo Will Smith da applicare a Putin. A parte che è evidente che Cerasa non distingue uno schiaffo da un pugno, e sono fortune, poi c’è anche il problema che non distingue nemmeno i ruoli. In questa guerra tra Russia e Ucraina Erdoğan sembra Andreotti, che non a caso era quello che votava Sordi. E torniamo ad Albertone che raccontò a Benvenuti (il grande sceneggiatore, Leo, non l’attore) la sua guerra. Continua a leggere

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Leone: C’era una volta e niente sarà come prima

Senza nome«C’era una volta in America c’est moi», la formula pronunciata da Gustave Flaubert per “Madame Bovary”, fu usata da Sergio Leone per il suo film Odissea, pieno di riferimenti alla letteratura francese, da Guy de Maupassant a Marcel Proust, parafrasato da Enrico Medioli – uno degli sceneggiatori – in una delle battute cult del film: «Sono andato a letto presto», risposta alla domanda divenuta titolo del libro di Piero Negri Scaglione “Che hai fatto in tutti questi anni” (Einaudi), che Fat Moe rivolge a Noodles. Continua a leggere

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Non c’è che una stagione: l’estate

Quando dice: «io provo a fare commedie», abbassa la voce, ed è lì che viene fuori l’Enrico Vanzina che non insegue suo padre Steno ma prova a continuare la sua lezione, con amore, senza gara, anche dopo aver sceneggiato più di cento film. È bravissimo nel raccontare le storie della sua vita, nell’evocare i ricordi, cambiando voci e lingue, recitando gli incontri, mimando le facce e la gestualità delle persone conosciute, alternando leggerezza e malinconia, dettagli e campi larghi, è il cinema che si fa a parole, quello che precede la scrittura e poi il girato: che spetta all’altro pezzo della coppia, il fratello Carlo. Insieme possono dire di aver vissuto e di averlo saputo raccontare. A loro si deve il film che dopo “Il sorpasso” di Dino Risi è riuscito a catturare il sentimento dell’estate: “Sapore di mare”. «Noi volevamo proprio evocare “Il Sorpasso”, che rimane il film più bello del cinema italiano: un viaggio, una auto, due amici, ferragosto e il senso della vita. Abbiam cercato anche Catherine Spaak ma non poteva. E, poi, proprio quelli che i produttori non volevano, sono stati gli attori che più hanno beneficiato di quel film». Continua a leggere

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