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Muhammad Ali: Me, We

Nato Cassius Clay, morto Muhammad Ali, nel salto c’è la vita dispari di un uomo che cambiò nome come i papi e cambiò il mondo come pochi. Perché era un re, un Riccardo che faticò a riprendersi il suo regno, un personaggio figlio di Shakespeare che però aveva la lingua da rapper. Un ragazzo nero con la bocca larga per sparare parole e opinioni che hanno demolito pregiudizi e ingiustizie prima ancora che avversari sul ring. Muore non il più bravo pugile del novecento ma quello più in gamba, quello che ha nel pugno non dato la sua grandezza, che tutti conoscevano e amavano, un po’ poeta, filosofo prima che guerriero, uno che aveva capito che lo sport era un valore non solo un modo per farci i soldi. Continua a leggere

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The Fight

PS-2192_AliForeman-10-30-74-poster_lNon è stato il migliore ma quello che colpiva più forte: pugni e parole. Quaranta anni dopo siamo ancora qua a parlare di Muhammad Ali, del suo incontro a Kinshasa, con George Foreman, per il titolo di campione mondiale dei pesi massimi, con l’Africa cambiata, ma sempre in emergenza, ora sotto l’Ebola, con Pistorius che doveva essere il nuovo e invece si è messo in fila con Monzon e O.J. Simpson. Norman Mailer, in “The Fight”, diceva che Ali trattava la boxe da Marlon Brando: interpretando un ruolo come se fosse un prolungamento naturale del proprio stato d’animo. Per questo il film dei suoi incontri si proietta ancora nei ricordi di un mucchio di gente, a prescindere della geografia e della pelle. In “Muhammad Ali – L’ultimo campione, il più grande?” (Gargoyle editore) se lo chiede anche Rino Tommasi ripercorrendo la carriera del pugile. Continua a leggere

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