
Manu Chao – Me llaman calle, 60

“Bienvenida la muerte” cantava Manu Chao a proposito di Tijuana, a leggere “Z, la guerra dei narcos” (laNuovafrontiera) di Diego Enrique Osorno, sembra che il benvenuto sia l’orrore. Raccontato senza sublimazione, elencato nelle sue assurdità, declinato lungo la linea di confine tra Messico e Texas, consumato dal gruppo narco-modernista Los Zetas, Continua a leggere
Si potrebbe dire che non aveva niente e che arrivò ad avere ogni cosa: dando tutto a Napoli. Dove gli altri avevano preso, lui restituiva. Per questo il mito di Diego Armando Maradona non muore, anzi, rifiorisce ogni volta che ci rimette piede. In una città che fa il presepe e veste i santi, che crede ai miracoli e parla con i morti, dove il sangue si raggruma e si scioglie, dove le voci sono tante e gli appiccichi pure: Maradona è un punto fermo. Accettato dalla città come modello, inglobato, masticato e venerato. La sua immagine, appesantita e affannata, sta in una linea malinconica, tra Massimo Troisi e Pino Daniele, a fermare ad aeternum gli anni Ottanta. È tutto quello che resta a Napoli, non essendo ancora riuscita a scavalcare quella linea di nazione che aveva ancora gli ultimi scampoli di Eduardo, che vedeva Luciano De Crescenzo ironicamente spiegarla all’Italia, e Domenico Rea raccontarne il dolore e la vivacità. Continua a leggere