Un enzima fuori luogo. Uno che si era impadronito – da estraneo – di uno spazio non suo, e più cresceva il consenso – giustificato – più si incazzavano i filosofi. Intanto girava film, fotografava Napoli, andava in tivù a cazzeggiar&cantar con Renzo Arbore a dimostrazione che si poteva partire da Renato Caccioppoli per arrivare a Socrate passando per i bassi di Napoli con Cartesio. Una strada lunga, tortuosa, ma piena di risate. Luciano De Crescenzo era bello, un napoletano apollineo, che rideva di tutto: e qua si potrebbero scomodare la poetica di Aristotele e il riso, e in un balzo arrivare a “Il nome della rosa” di Umberto Eco e in uno scherzo del destino leggerlo come riduzione del problema decrescenziano. Continua a leggere