Archivi tag: Mississippi

Muhammad Ali: Me, We

Nato Cassius Clay, morto Muhammad Ali, nel salto c’è la vita dispari di un uomo che cambiò nome come i papi e cambiò il mondo come pochi. Perché era un re, un Riccardo che faticò a riprendersi il suo regno, un personaggio figlio di Shakespeare che però aveva la lingua da rapper. Un ragazzo nero con la bocca larga per sparare parole e opinioni che hanno demolito pregiudizi e ingiustizie prima ancora che avversari sul ring. Muore non il più bravo pugile del novecento ma quello più in gamba, quello che ha nel pugno non dato la sua grandezza, che tutti conoscevano e amavano, un po’ poeta, filosofo prima che guerriero, uno che aveva capito che lo sport era un valore non solo un modo per farci i soldi. Continua a leggere

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Zuppa di gatto con pistole

Tutto comincia all’Hotel Monteleone di New Orleans, quartiere francese,  il mio uomo ha deciso che mi racconterà la sua storia al bar di Capote, Truman Capote, quello di “A sangue freddo”, e ci beviamo su Martini anche noi, ma voliamo più basso, molto più in basso. Fuori ho una Dodge nera, a noleggio s’intende, e più tardi arriverà il mio amico Paulo, fotografo portoghese, da anni mette in posa la gente davanti ai fiumi, poi registra la loro storia, solo voce, per tutto il resto ci sono le foto. Continua a leggere

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Le sorelle Robinson

1-121223_Nshindi_011-690Quando le sorelle Robinson attaccavano “Siamo tutti a rischio” c’era sempre qualcuno che piangeva. Perché sapeva che sentendole avrebbe provato il dolore di vedere la realtà. Potevano anche stare dentro la tivù, andava sempre uguale: c’era uno che piangeva. Espressioni sicure e una voce sola, erano le sorelle Robinson. Potevano risalire la scala delle note senza slacciarsi o disperdersi in suoni misteriosi come solo le urla dei neonati. Continua a leggere

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La strategia dell’albero

Il cortile era troppa luce, albero, solitudine, tre muri e io che scavavo in un triangolo di terra. Sì, sotto l’albero. No, non volevo abbatterlo. Mi interessava tirare fuori il tesoro, ovvio. Chi mi aveva detto del tesoro? Un libro. Chi mi diceva che il libro contenesse la verità? Il fiume, che potevo sentire scorrere alla fine del cortile. Avevo un pensiero in testa e lo stavo traducendo in una azione concreta: 12 anni e un tesoro da cercare. 12 anni e nessuna sensazione di ridicolo, come invece mi sarebbe successo per il resto delle imprese strambe nelle quali mi sarei lanciato. A guardarli da qui, i giorni di allora sembrano il trasporto verticale verso la curiosità, un ascensore che lento scende verso le radici dell’albero. Continua a leggere

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