Ho avuto una vita da non lamentarsi, vinto un mondiale, perso l’anima
secondo la stampa, sono stato la riserva di Pelé, ho giocato, segnato, sudato, allenato tante squadre saltando da un continente all’altro, guadagnato molti soldi, preso una laurea in chimica, sono stato direttore di un giornale sportivo, ho provato ad essere governatore della Provincia di Santa Fe, non in questo ordine, claro. E se dovessi salvare un giorno salverei ancora quella notte porteña, e rifarei tutto uguale, esclusione di Maradona compresa. Sono César Luis Menotti, el flaco, quello che fece vincere il campionato mondiale di calcio alla nazionale argentina per la prima volta. Sono quello alto, snello con i capelli lunghi sulle spalle e l’impermeabile. Quello che nelle foto ha la testa alta e gli occhi che guardano di lato, è l’abitudine di chi è stato marcato per una vita. Era il 1978, c’era ancora il muro di Berlino. Sono un dispari, che trenta anni dopo è uguale ad allora, qualche capello di meno, giacche migliori e un mucchio di aerei presi per finire sempre su un prato a ordinare undici uomini. Negli occhi un campo di calcio e in tasca la voglia di vincere. Ma ogni ponte ha il suo punto per essere minato e ogni vittoria si porta dietro una colpa. La mia vita: un album di foto. Continua a leggere →