La nebbia copre il mare come in una poesia – “Mattinata” – di Gabriele D’Annunzio, ma questa volta il mare è quello di Napoli. Sotto la nebbia non ci sono gli istituti di credito come cantavano Cochi e Renato ma Castel dell’Ovo, tanto che il golfo sembra quello di Venezia: un preludio al mistero o alla confusione, come avrebbe detto Robert Louis Stevenson: uno che di nebbia se ne intendeva. Sembra convogliare i sensi, allungando il torpore del capodanno appena passato, prendendo possesso di una città che ormai è più cinematografica che reale, un set continuo, per una volta sospeso, col Vesuvio che un po’ scompare un po’ riappare, come il “Rex” di Federico Fellini, il regista tanto evocato per via di Paolo Sorrentino, che ora domina l’immaginazione napoletana, portando la nebbia di “Amarcord” e de “La voce della luna”, un allaccio padano, da piana a golfo, un prolungamento della pazzia e del mistero, della sepoltura dell’immaginazione con l’aggiunta delle insidie, dovute alla cattiva visibilità. Continua a leggere