Leonardo Sciascia ha avuto un rapporto molto stretto col cinema: prima come fuga, poi come produttore di storie. Prima gli è servito per scappare dalla provincia, poi i suoi romanzi sono diventati film, quindi la fuga di altri. Si deve parlare di un rapporto filosofico, un intreccio che diventa metodo, non a caso fin dagli inizi con “Le parrocchie di Regalpetra” scrive a Vito Laterza che vorrebbe “girarlo” come un documentario. Continua a leggere