Archivi tag: Umberto Eco

L’epicureo non si perde in un bicchiere d’acqua

1516025204718Un enzima fuori luogo. Uno che si era impadronito – da estraneo – di uno spazio non suo, e più cresceva il consenso – giustificato – più si incazzavano i filosofi. Intanto girava film, fotografava Napoli, andava in tivù a cazzeggiar&cantar con Renzo Arbore a dimostrazione che si poteva partire da Renato Caccioppoli per arrivare a Socrate passando per i bassi di Napoli con Cartesio. Una strada lunga, tortuosa, ma piena di risate. Luciano De Crescenzo era bello, un napoletano apollineo, che rideva di tutto: e qua si potrebbero scomodare la poetica di Aristotele e il riso, e in un balzo arrivare a “Il nome della rosa” di Umberto Eco e in uno scherzo del destino leggerlo come riduzione del problema decrescenziano. Continua a leggere

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La nebbia a gl’irti colli Aminei

270022186_1553065011739758_9070956359209380973_nLa nebbia copre il mare come in una poesia – “Mattinata” – di Gabriele D’Annunzio, ma questa volta il mare è quello di Napoli. Sotto la nebbia non ci sono gli istituti di credito come cantavano Cochi e Renato ma Castel dell’Ovo, tanto che il golfo sembra quello di Venezia: un preludio al mistero o alla confusione, come avrebbe detto Robert Louis Stevenson: uno che di nebbia se ne intendeva. Sembra convogliare i sensi, allungando il torpore del capodanno appena passato, prendendo possesso di una città che ormai è più cinematografica che reale, un set continuo, per una volta sospeso, col Vesuvio che un po’ scompare un po’ riappare, come il “Rex” di Federico Fellini, il regista tanto evocato per via di Paolo Sorrentino, che ora domina l’immaginazione napoletana, portando la nebbia di “Amarcord” e de “La voce della luna”, un allaccio padano, da piana a golfo, un prolungamento della pazzia e del mistero, della sepoltura dell’immaginazione con l’aggiunta delle insidie, dovute alla cattiva visibilità. Continua a leggere

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Librerie nemiche del popolo

Dove un tempo c’erano gli scaffali di Adelphi ora c’è il castello di Hogwarts – nella riproduzione della Lego – con Harry Potter che si è sostituito a Bobi Bazlen. A forza di tirare dentro le librerie la riproduzione di quello che era uscito dalle pagine dei libri: le hanno trasformate nei posti meno frequentabili per chi le ama davvero. Con il mercato come unico parametro – stravolgendo gli scaffali e sovvertendo il tempo che i romanzi dilatano e i saggi provano a smontare – quello che rimane sono le classifiche, e i personaggi che le animano. Di scrittori nemmeno a parlarne. Si può riassumere lo stravolgimento in pochi passi: la faccia dell’autore passa dall’essere un mistero per chi legge fino all’apparire in quarta di copertina – una epifania, come raccontò Baricco che da giovane cercava il viso del musicologo Massimo Mila – e da lì, con carpiato di pixel, diventa immagine sulle pareti feltrinelliane, per poi arrivare a farsi murale nel contesto raccontato: Pasolini va in periferia, a Calvino spetta l’attico. Continua a leggere

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Max Fox: ladro di biblioteche per amore

Cerca la storia del presente Sergio Luzzatto, e la trova attraverso le imprese di Massimo De Caro, un bugiardo, imbroglione, falsario, ladro. Almeno stando al primo livello, poi c’è il resto, c’è la vita e ci sono le relazioni, c’è la biografia e il contesto, e così, questa si trasforma in una storia esemplare, il tentativo di diventare l’opposto di quello che si dovrebbe essere, una metamorfosi, e, poi, di lato, ci sono anche i tormenti dello storico che rischia di seguirlo, scivolando verso le ragioni di una mente perversa. Ecco “Max Fox” (Einaudi), un libro che solo apparentemente è un saggio, in realtà è l’evoluzione narrativa di una storia che poi sarà film, ovvero come Massimo De Caro partendo da una onesta famiglia della borghesia di sinistra arrivi ad essere una sorta di personaggio della serie Ocean’s di Steven Soderbergh o la versione maschile della falsaria interpretata da Melissa McCarthy in “Can You Ever Forgive Me?” (Copia originale). Continua a leggere

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Il normalizzatore

Con l’abbandono della Rai da parte di Fabio Fazio, si era creato un vuoto apparentemente incolmabile. Poi però, il direttore di rete ha chiesto ad Enrico Vaime una soluzione, dopo aver fatto un tentativo con Angelo Guglielmi. L’idea è stata: «proviamo con il mio commercialista». Tutti pensavano a una soluzione fiscale che scavalcasse il tetto degli stipendi che tanto aveva infastidito anche Michele Serra, passato a Sky – embedded – con Fazio, e, invece, Vaime pensava proprio a una sostituzione con uno sconosciuto, affidare il Talk a lui. Dopo lo scetticismo iniziale, in preda alla disperazione, hanno fatto una puntata pilota con la conduzione di Manlio Meniconi, che è andata benissimo. Continua a leggere

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