Farci credere che sia morto, è questo il capolavoro di Fidel Castro. Come per Keyser Söze, de I soliti sospetti: «La beffa più grande che il diavolo abbia mai fatto è stato convincere il mondo che lui non esiste» Castro, è morto più volte di un attore di Hollywood, a cinema. Per poi tornare, e dirsi vincitore, di una gara che non c’era. Fidel Castro è morto mille volte, e mille risorto. Tanto che Eduardo Galeano su queste morti ci scherzava, facendone il refrain della sua storia del calcio. Il mondo si muoveva per le morti di Fidel, ogni quattro anni. In realtà ne ha seppelliti molti, di presidenti americani che lo avevano avversato e segretamente cercato di uccidere, di scrittori amici e poi nemici, di nemici e basta e soprattutto di compagni di strada eloquenti, con colpe grandi e piccole, e quando non c’erano (le colpe) ci pensava la stampa a sceneggiarle. La sua ombra si allunga sull’isola, come la sua barba e il tempo risparmiato a non rasarsi e dedicato alla rivoluzione, come disse ad Oliver Stone. I suoi anni sono lunghissimi e lenti, scanditi dalle sue morti. Presunte, inventate, volute, sempre superate, come le malattie e le assenza forzate, mascherate da impegni per il popolo, mai per sé. Persino quando morirà, sarà per gli altri, per il bene di Cuba. Castro ormai è un cartone della sua figura, il protagonista di una telenovela: infinita, con sempre lo stesso colpo di scena: la sua morte. Ogni puntata comincia con la sua morte, e finisce con la sua ricomparsa- è un gioco delle parti, che però avverrà per un numero limitato di volte (forse). Continua a leggere →